Polizza infortuni e nullità della clausola assicurativa di intrasmissibilità del credito indennitario agli eredi
30 Agosto 2017
È legittima la clausola della polizza di assicurazione contro gli infortuni che prevede l'intrasmissibilità agli eredi del diritto all'indennizzo per invalidità permanente nel caso in cui l'assicurato sia morto per causa indipendente dall'infortunio e prima che gli sia stata liquidata l'indennità?
La trasmissibilità iure hereditatis del diritto al risarcimento dei danni Sin dai tempi del diritto romano vi erano dei diritti che, per il loro carattere strettamente personale, erano ritenuti intrasmissibili come il diritto di usufructus, quello di usus, i crediti da mandatum e da societas, ecc. Nel diritto vigente la salute è certamente un diritto personale, come tale intrasmissibile. Il credito risarcitorio derivante dalla lesione della salute del dante causa, invece, che è un diritto pecuniario, così come può essere oggetto di privata negoziazione (cessione o altro) è trasmissibile mortis causa. Il diritto al risarcimento, pertanto, ha una propria ed autonoma configurazione rispetto al diritto leso e non ne assume l'eventuale carattere di indisponibilità ed intrasmissibilità. La giurisprudenza, sullo specifico punto, ha sempre concordemente ritenuto trasmissibile iure hereditatis il diritto al risarcimento dei danni subiti dal de cuius nel periodo che va dal momento in cui sono provocate le lesioni a quello della morte, sia se questa sia conseguente alle lesioni stesse, sia se sia conseguente a diverso evento non dipendente dalle lesioni (per tutte: Cass. civ., Sez. Un. 22 luglio 2015 n. 15350).
La clausola di intrasmissibilità del credito indennitario agli eredi Alcune imprese di assicurazione, nonostante tali principi generali che prevedono la trasmissibilità agli eredi dei diritti a contenuto patrimoniale, hanno inserito nelle loro polizze di assicurazione contro gli infortuni la clausola che prevede l'intrasmissibilità del credito indennitario agli eredi. Tale clausola, in genere, è del seguente tenore: “Il diritto all'indennizzo per invalidità permanente è di carattere personale e quindi non trasmissibile agli eredi”. La clausola - che impropriamente ed inammissibilmente qualifica il diritto all'indennizzo per invalidità permanente come diritto personale (qualificazione che spetta al legislatore e all'interprete e non certo ad una delle parti del contratto) al fine di prevedere l'intrasmissibilità agli eredi - seppur non comporti l'attribuzione di beni o diritti successori, sì da violare il divieto dei relativi patti ex art. 458 c.c., ma circoscriva l'ambito applicativo della polizza in riferimento all'individuazione dei beneficiari (Cass. civ., 17 maggio 2001 n. 6764; Cass. civ., 23 aprile 1992 n. 4912): - è nulla se inserita nel contratto stipulato con (e/o in favore di) un utente-consumatore; - non è meritevole di tutela se inserita nel contratto stipulato con (e/o in favore di) un professionista. Dal momento che la polizza di assicurazione contro gli infortuni è stipulata in larghissima maggioranza da (e/o in favore di) utenti-consumatori, si argomenterà solo in relazione alla prima ipotesi.
Clausola limitativa del rischio o della responsabilità L'assicurazione infortuni rientra pacificamente nell'assicurazione danni, disciplinata dagli artt. 1904 e ss. c.c. (per tutte: Cass. civ., Sez. Un., 10 aprile 2002 n. 5119). La disciplina codicistica dell'assicurazione danni non prevede alcuna intrasmissibilità del credito indennitario agli eredi. Per valutare la legittimità della clausola - che opera in deroga ai principi generali che prevedono, come su esposto, la trasmissibilità agli eredi dei diritti a contenuto patrimoniale - occorre stabilire se essa costituisca: - una limitazione del rischio-oggetto del contratto di assicurazione; - una limitazione della responsabilità dell'impresa di assicurazione (da qui in poi, per brevità, impresa) nel pagamento dell'obbligazione pecuniaria, già sorta in capo al de cuius, assicurato e infortunato, all'epoca dell'avveramento dei presupposti di essa.
Nel contratto di assicurazione: - sono clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell'art. 1341 c.c., quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito; - sono clausole che delimitano il rischio (o l'alea) contrattuale, non soggette al regime previsto dalla suddetta norma, quelle che attengono all'oggetto del contratto e che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito (ex multis, Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016 n. 9140), come il luogo, il tempo, le cose o le parti del corpo umano, contemplati nella comune volontà negoziale, quali elementi determinanti dell'esistenza e del contenuto del danno.
La clausola contrattuale in esame - che, a fronte dell'obbligazione dell'assicurato di corresponsione del premio per il rischio infortunio, prevede una causa estintiva dell'obbligazione indennitaria dell'impresa legata ad un fatto estraneo al danno, che è l'oggetto del contratto, quale il decesso dell'assicurato in un momento precedente alla liquidazione dell'indennizzo da parte dell'impresa - non attiene alla sfera della limitazione del rischio, ma a quella diversa dei limiti all'obbligo di risarcimento del danno già sorto e definito nella sua entità di fatto e di diritto e, quindi, rientra nelle clausole limitative della responsabilità.
La clausola, che non trova alcuna giustificazione dal punto di vista sinallagmatico: - altera il normale equilibrio contrattuale in quanto determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi in danno dell'utente-consumatore ed a vantaggio dell'impresa in odioso contrasto con la regola di buona fede e correttezza; - prevede l'assunzione di un obbligo come subordinato ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà dell'impresa a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace dell'utente-consumatore; - attribuisce all'impresa, che ha predisposto il contratto, l'interesse (o la mera convenienza) di sottrarsi all'immediata esecuzione della prestazione in attesa fiduciosa del verificarsi dell'evento causativo dell'estinzione della sua obbligazione giuridica (la morte dell'assicurato). La clausola, ove predisposta a stampa nelle condizioni generali di contratto, è vessatoria e rientra, in generale - secondo una criticabile giurisprudenza di legittimità che non tiene conto né dell'obbligo di protezione posto dall'ordinamento a carico dei contraenti, rinvenibile nei principi generali di buona fede e correttezza, né dell'immeritevolezza di siffatta clausola - nella disciplina di cui all'art. 1341, comma 2, c.c. e, pertanto, è inefficace nei confronti del contraente aderente in mancanza di specifica approvazione scritta (Cass. civ., 23 luglio 2009 n. 17272; Cass. civ., 11 gennaio 2007 n. 395; Cass. civ., 29 aprile 1988 n. 3234). La clausola, se inserita in un contratto stipulato con (e/o in favore di) un utente-consumatore, è nulla, ex art. 33, comma 1 e 36, comma 1, d.lgs. 2005/206 (Trib. Roma 31 gennaio 2017 n. 1710; Trib. Napoli 12 settembre 2016 n. 9816; conf. AGCM provv. 28 giugno 2017 n. 26661, in bollettino 17 luglio 2017 n. 27, che ha sancito la vessatorietà di un'analoga clausola inserita nel contratto di assicurazione contro gli infortuni predisposto dalla Helvetia Compagnia Svizzera d'Assicurazioni S.A.). In tale ipotesi il contratto - espunta la clausola nulla - resta per il resto perfettamente valido tra le parti, ex art. 36, comma 1, parte seconda, d.lgs. 2005/206. |