Azione risarcitoria per condotte illecite concorrenziali: la competenza è del Tribunale delle imprese

Paola Di Michele
31 Agosto 2017

Resta esclusa l'applicazione dell'art. 40, comma 3, c.p.c. - unificazione delle cause da svolgere con riti diversi con prevalenza del rito speciale del lavoro - nelle ipotesi di connessione oggettiva che da luogo ad un cumulo soggettivo ex artt. 33 e 103 c.p.c., espressamente ritenuta estranea al disposto della norma processuale che regola esclusivamente le cause connesse ai sensi degli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c.. Invero, nel caso di specie l'azione risarcitoria è stata promossa nei confronti di più convenuti in concorso tra loro, non essendo quindi possibile individuare una domanda principale cui accede una subordinata.

Il fatto. La vicenda posta al vaglio della Corte di Cassazione è originata da un'ordinanza con cui il Tribunale, sezione specializzata in materia d'impresa, si riteneva competente a decidere la controversia. Il provvedimento era impugnato con regolamento di competenza da alcuni convenuti che ritenevano invece sussistere la competenza funzionale del Giudice del Lavoro presso altri Tribunali territoriali.
In particolare la domanda proposta concerneva un'azione di risarcimento danni formulata dalla società attrice per l'illecito concorrenziale ex art. 2598 c.c. posto in essere in suo danno. L'attrice allegava una condotta illecita di sottrazione dei suoi principali clienti commerciali consumata dai convenuti sia prima che dopo la cessazione dei rapporti di immedesimazione organica con l'amministratore delegato. Riferiva della violazione dei segreti aziendali e delle esperienze tecnico-industriali, qualificate come segreti ai sensi dell'art. 98 c.p.i., con conseguente devoluzione dell'intera controversia alla sezione specializzata del Tribunale in materia d'impresa.

Le contestazioni nel convenuto non vulnerano la competenza implicando un esame nel merito e probatori della questione. Il ricorso per il regolamento di competenza era dichiarato infondato. La Cassazione argomentava che l'indagine sulla competenza debba essere eseguita sulla scorta di quelle che sono le allegazioni dell'attore, contenute nella domanda introduttiva del giudizio, senza che possano essere vagliate le contestazioni della parte convenuta finalizzate a vulnerare il radicamento della competenza. In tale prospettiva la domanda proposta dall'attrice si qualificava come di risarcimento dei danni a seguito di atti di concorrenza sleale e di abuso di informazioni segrete.
Uno dei convenuti, aveva argomentato a sostegno delle proprie ragioni che sebbene il rapporto intercorso con l'attrice fosse di immedesimazione organica, essendo formalmente investito della carica di amministratore delegato della società attrice, di fatto si trattasse di un rapporto di consulenza continuativa e coordinata sussumibile nell'alveo del lavoro parasubordinato ovvero subordinato. Tale allegazione era ritenuta dalla Cassazione insufficiente a fondare l'eccezione d'incompetenza sollevata giacché la domanda proposta dall'attrice era di risarcimento del danno per illeciti extracontrattuali ex artt. 2043, 2055 e 2598 c.c.
In questa prospettiva la Suprema Corte chiariva che, sebbene un fatto possa assumere una differente qualificazione giuridica, spetta sempre all'attrice la scelta in ordine all'azione da esperire nel giudizio, con ogni conseguente riflesso sostanziale della propria scelta.

Gli atti di concorrenza sleale e la violazione extracontrattuale. Erano ritenute prive di fondamento giuridico, ai fini del radicamento della competenza, anche le argomentazioni svolte da uno dei convenuti in merito all'esistenza di un patto di non concorrenza della durata di 12 mesi dalla cessazione del rapporto di collaborazione. I Giudici di legittimità specificavano che gli atti di concorrenza addotti dall'attrice erano sleali e non leciti, quindi differenti rispetto a quelli invocati ex contratto.
Inoltre la Cassazione evidenziava che le contestazioni mosse dal convenuto miravano a sostenere la natura contrattuale della responsabilità, adducendo l'esistenza di un rapporto di lavoro parasubordinato o subordinato, in realtà mai invocato dall'attrice.
Nessun rilievo era attribuito dalla Suprema Corte a tali contestazioni, essendo le stesse tese a sollecitare una valutazione nel merito della controversia non esperibile in sede di regolamento di competenza.

Nessuna relazione di accessorietà tra le domande risarcitorie proposte. La Cassazione statuiva anche l'infondatezza dell'argomento difensivo teso a contestare la forza attrattiva esercitata dalla materie devolute alle sezioni specializzate in materia d'imprese, restando esclusa l'applicazione dell'art. 40 c.p.c. trattandosi di connessione oggettiva che da luogo a cumulo soggettivo e che risulta estranea alla norma processuale che regola le cause connesse.
Nel caso di specie invero l'azione di responsabilità era stata cumulativamente promossa nei confronti di più convenuti in concorso tra loro non essendo possibile individuare un'azione principale ed una secondaria accessoria alla prima.

(FONTE: www.dirittoegiustizia.it)

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