Consulenza tecnica di parte

13 Ottobre 2016

Secondo l'art. 87 c.p.c., la parte può farsi assistere, oltre che da uno o più avvocati, anche da un consulente tecnico nei casi e nei modi stabiliti dal codice di rito.

Inquadramento

Secondo l'art. 87 c.p.c., la parte può farsi assistere, oltre che da uno o più avvocati, anche da un consulente tecnico nei casi e nei modi stabiliti dal codice di rito. Il legislatore ha disciplinato nell'ambito della medesima disposizione l'attività di assistenza del difensore e quella del consulente tecnico di parte poiché il secondo, sul piano tecnico, è assimilabile al primo: entrambi sviluppano determinati argomenti difensivi in favore della parte. Nondimeno, l'accostamento tra le due figure è stato censurato da un filone della dottrina, alla stregua dell'eterogeneità delle attività di assistenza prestate rispettivamente dall'avvocato e dal consulente di parte. Mentre il consulente tecnico d'ufficio è l'ausiliario tecnico del giudice, che ricopre una funzione di c.d. occhiale del giudice, il consulente tecnico di parte si colloca come ausiliario tecnico della parte e del suo difensore. Pertanto, le funzioni prestate sono omologhe: anche il ctp, collaborando con la parte che assiste, è portatore di saperi e conoscenze specialistiche - esulanti dalle cognizioni giuridiche proprie del difensore -, necessarie per la risoluzione di questioni o per l'accertamento (consulenza deducente) o valutazione dei fatti controversi (consulenza percipiente). La partecipazione al processo dei ctp è subordinata alla nomina del ctu L'ordinanza di nomina del c.t.u. assegna, infatti, alle parti un termine per la nomina dei ctp attraverso dichiarazione ricevuta dal cancelliere. Al riguardo, l'art. 201 c.p.c. si riferisce al processo ordinario di cognizione, ma in via interpretativa rappresenta norma applicabile a ogni tipologia di giudizio di natura contenziosa, ed in primo luogo al processo del lavoro, anche alla luce del disposto dell'art. 145 disp. att.c.p.c. La limitazione in ordine alla facoltà delle parti di avvalersi del ctp, che è appunto esercitabile solo all'esito dell'eventuale nomina di un c.t.u., è stata ritenuta in linea con il diritto di difesa e conforme al dettato dell'art. 24 Cost. (Corte cost. 13 aprile 1995, n. 124). Sicché la figura del ctp. deve essere distinta dalla figura del perito stragiudiziale. Quest'ultimo si identifica con un esperto, interpellato di propria iniziativa dalla parte, indipendentemente dalla pendenza di un giudizio o comunque in qualsiasi momento della controversia. Il risultato della sua attività è solitamente trasfuso in un elaborato redatto per iscritto, che la parte può produrre in giudizio, con valore di mera allegazione difensiva.

In evidenza

Mediante l'ausilio del c.t.p., ossia di una persona portatrice delle stesse nozioni a diffusione limitata, ristretta, metodicamente accertate e sistemate proprie del ctu, si realizza proficuamente la partecipazione dei litiganti alla dialettica processuale anche nella fase giudiziale di espletamento delle operazioni peritali, con l'effettiva possibilità per le parti di controllare e incidere sull'intera attività svolta dall'ausiliario d'ufficio, tanto nella fase di mera percezione di fatti quanto in quella di deduzione, cioè di individuazione ed applicazione dei criteri e delle regole di natura scientifica più adeguate alla fattispecie concreta.

Per l'effetto, l'istituto della c.t.p. può essere considerato come strumento essenziale ed indefettibile per la compiuta realizzazione del diritto di difesa, tutelato dalla Carta costituzionale. La sua nomina e la sua attiva partecipazione alle operazioni peritali sono funzionali alla piena realizzazione del principio del contraddittorio, anch'esso avente rango costituzionale. Il rilievo costituzionale della figura del c.t.p. non era sfuggito alla Consulta, la quale (Corte cost. 8 giugno 1983, n. 149), dalla premessa che diritto di difesa è, in primis, garanzia di contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale, aveva dichiarato l'illegittimità dell'art. 11, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, nella parte in cui non prevedeva l'estensione del beneficio del gratuito patrocinio alla facoltà per le parti di farsi assistere da consulenti tecnici. Nella normativa ora vigente, una volta abrogato il r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 estende il patrocinio a spese dello Stato per i cittadini non abbienti anche alle spese relative a consulenti tecnici di parte.

Nomina del CTP

Il ricorso all'assistenza di un tecnico costituisce una mera facoltà della parte: l'omesso esercizio di tale potere (ovvero l'inattività del ctp eventualmente nominato) non preclude al difensore la possibilità di formulare considerazioni o censure di natura precipuamente tecnico-scientifica negli scritti difensivi tipici (Cass. 1811/1994). Infatti, la nomina di un tecnico di fiducia costituisce esercizio del diritto costituzionale di difesa, ma non può tradursi in un obbligo, né in una preclusione temporale a prospettare critiche o a richiedere chiarimenti rispetto all'indagine svolta dal consulente tecnico di ufficio, sicché la parte può presentare osservazioni critiche alla relazione di quest'ultimo pur quando non abbia tempestivamente designato un proprio consulente (Cass. 17269/2014). Fatte salve le residuali ipotesi in cui la parte sia autorizzata a stare in giudizio personalmente, il potere di nomina del ctp compete, senza necessità di mandato ad hoc, al difensore, giacché rientra nelle facoltà a questi riconosciute dall'art. 84 c.p.c. porre in essere tutti gli atti del processo non espressamente riservati dalla legge alla parte (Cass. 12904/1995). La nomina si effettua con dichiarazione, resa in forma orale o scritta, ricevuta dal cancelliere dell'ufficio giudiziario ove la controversia pende e contenente, ai sensi dell'art. 91, comma 1, disp. att. c.p.c., le generalità nonché il domicilio o il recapito del ctp (indicazioni necessarie per consentire al cancelliere le comunicazioni previste dalla legge). Nella prassi giudiziaria, tuttavia, in luogo delle formalità stabilite dall'art. 201, sono invalse modalità diverse di designazione del ctp, considerate oramai equipollenti.

Ad esempio, la nomina può avvenire direttamente a cura del difensore con dichiarazione inserita a verbale di udienza oppure comunicata al c.t.u. al momento dell'inizio delle operazioni peritali. Nondimeno, siffatte possibilità alternative di nomina devono essere autorizzate dal giudice.

Il termine per la nomina del ctp, mancando un'enunciazione espressa di perentorietà, ha carattere ordinatorio. Nondimeno, secondo l'indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità, il termine de quo, in quanto di natura ordinatoria: a) può essere prorogato prima della scadenzaex art. 154 c.p.c., su istanza della parte interessata; b) non può essere prorogato né nuovamente concesso una volta scaduto. Il decorso del termine ex art. 201, senza la presentazione di un'istanza di proroga, ha pertanto gli stessi effetti preclusivi del termine perentorio ed impedisce la designazione del ctp e la concessione di un nuovo termine (Cass. 8976/1992). Se nell'ordinanza ammissiva della ctu risulta omessa la previsione del termine per la nomina dei c.t.p. (omissione emendabile con la procedura di correzione di errore materiale ex art. 289), la parte può egualmente designare un ctp fino all'inizio delle operazioni peritali o in un momento successivo, a decorrere dal quale il ctp parteciperà alle operazioni. Ove il giudice lo consenta, le parti possono nominare propri consulenti sino al momento dell'inizio delle operazioni del consulente tecnico d'ufficio, alle quali i tecnici di parte ed i difensori delle stesse possono intervenire ai sensi e per gli effetti dell'art. 194, comma 2. A tal fine, il ctu comunicherà alle parti costituite presso il domicilio eletto e agli eventuali consulenti di parte già nominati l'inizio delle operazioni peritali almeno 5 giorni prima. Quanto alla scelta della persona da nominare come ausiliare di parte, non ponendo l'ordinamento alcun limite, può essere nominata ctp anche una persona non iscritta in albi speciali e non munita di particolare abilitazione professionale.

È controverso se la parte personalmente, qualora sia esperta nell'arte o nella scienza di cui all'oggetto della consulenza, possa assumere le vesti di consulente tecnico nel proprio interesse.

Orientamenti a confronto:

POSSIBILITÀ DELLA PARTE DI RIVESTIRE IL RUOLO DI CTP

La parte deve essere assistita da un esperto terzo, alla stregua dell'eterogeneità dei riferimenti alla difesa attiva (ovvero al patrocinio prestato dal difensore in funzione di rappresentanza della parte, obbligatorio ex lege) e alla difesa consultiva (cioè all'ausilio tecnico recato dal ctp in funzione di assistenza della parte, sempre facoltativo), sicché deve esservi necessariamente alterità soggettiva del consulente rispetto alla parte

Trib. Termini Imerese 16 maggio 1958, secondo cui, ai sensi dell'art. 86c.p.c., unicamente la funzione di rappresentanza in giudizio può essere assunta personalmente dalla parte che abbia le qualità necessarie per esercitare l'ufficio di difensore, mentre analoga norma non è prevista per l'assistenza tecnica, per la quale anzi il dettato testuale dell'art. 87 (la parte «può farsi assistere») esclude, anche da un punto di vista semantico-lessicale, che la parte possa assistere se stessa

La parte che abbia le specifiche cognizioni tecniche può svolgere le mansioni di ctp di se stessa

Trib. Napoli 23 ottobre 1994, secondo cui, argomentando dai poteri riconosciuti alla parte dagli artt. 194 - 197 c.p.c. (intervento personale alle operazioni, presentazione di istanze e osservazioni, partecipazione alla camera di consiglio), il litigator, che sia esperto nel peculiare settore tecnico-scientifico oggetto della consulenza, può prendere parte alle attività peritali con i poteri propri del ctp

La soluzione preferibile appare la prima, poiché diversamente le conoscenze tecniche di cui dispone la parte si presterebbero ad un esercizio abusivo a difesa della propria posizione processuale. Attraverso la designazione come c.t.p., si instaura un rapporto sussumibile nella fattispecie negoziale tipica del contratto d'opera intellettuale, per cui la prestazione del c.t.p. va ricompensata sulla base delle tariffe professionali di pertinenza. Gli esborsi sostenuti dalla parte vittoriosa per le attività poste in essere dal c.t.p. non sono di norma ripetibili a carico della parte soccombente, poiché tale nomina rappresenta una mera facoltà rimessa alla parte, che comunque non ha una valenza determinante nell'istruttoria del procedimento, salvo che la decisione finale si fondi in concreto sulle risultanze della relazione di c.t.p., considerate dal giudice idonee a confutare le conclusioni del c.t.u. e sufficienti a definire la lite, in quanto le relative spese non siano né superflue né eccessive (Cass. 3380/2015; Cass. 84/2013). Le osservazioni e le istanze del consulente di parte possono essere avanzate anche dopo il deposito della relazione del c.t.u. Tuttavia, all'esito della riforma del 2009, dovranno essere rispettati i termini fissati dall'ordinanza giudiziale per la trasmissione delle osservazioni dei c.t.p. al c.t.u., ai sensi dell'art. 195, comma 3, c.p.c. Per l'espletamento dell'incarico il c.t.u. potrà chiedere chiarimenti alle parti, assumere informazioni da terzi, svolgere tutte le indagini dallo stesso ritenute necessarie e farsi assistere da un collaboratore personale di sua fiducia. Resta ferma l'eventuale responsabilità del c.t.u., il quale dovrà espressamente indicare, nella relazione peritale conclusiva, i risultati degli accertamenti e delle valutazioni effettuate per il tramite dei propri collaboratori (Cons. giust. amm. Sic. 2 aprile 2013, n. 396).

Compiti del CTP

La possibilità del c.t.p. di assolvere il suo mandato partecipando alle operazioni di consulenza è innanzitutto garantita dall'obbligo, imposto al cancelliere ex art. 90 disp. att., di dare avviso ai ctp dell'inizio delle indagini predisposte dal c.t.u. (Cass. 6195/2014; Cass. 4808/2014). Nella prassi è il ctu che indica la data, l'ora e il luogo di inizio delle operazioni peritali nel processo verbale di udienza in cui assume l'incarico ovvero che provvede successivamente ad inviare alle parti nel domicilio eletto e ai c.t.p. eventualmente nominati raccomandata contenente l'indicazione di data, ora e luogo di inizio di dette operazioni. La funzione di controllo sull'operato del c.t.u. demandata al c.t.p. si espleta, a garanzia del pieno contraddittorio, in ogni momento di svolgimento dell'attività dell'ausiliario di ufficio. In virtù della norma in esame, il ctp ha le facoltà di:

a) intervenire e assistere la parte durante lo svolgimento delle indagini peritali, sicché della sua presenza va fatta menzione nel relativo processo verbale, ma non sotto comminatoria di nullità (Cass. 9890/2005; Cass. 15/2003);

b) presentare istanze ed osservazioni al c.t.u., il quale è a sua volta tenuto ad un'adeguata considerazione delle stesse, inserendole nella relazione ovvero allegandole, se presentate in forma scritta; l'omessa trascrizione delle osservazioni dei c.t.p. non invalida tuttavia la consulenza, purché esse siano state tenute presenti (Cass. 15/2003; Cass. 14489/2001);

c) prospettare l'adozione di differenti parametri di giudizio oppure sollecitare l'assunzione di ulteriori elementi di valutazione o accertamenti fattuali, senza però poter condizionare l'operato del c.t.u. il quale, vincolato soltanto all'incarico conferitogli dal giudice, non è obbligato a raccogliere gli elementi richiesti dal ctp né ad ampliare l'indagine quando abbia raccolto sufficienti elementi di giudizio (Cass. 3401/1981);

d) partecipare all'udienza ed alla discussione in camera di consiglio (art. 197 c.p.c.) ogni qual volta vi intervenga il ctu ed interloquire, su autorizzazione del giudice, per chiarire e svolgere le sue considerazioni sui risultati delle indagini. L'intervento del ctp è limitato unicamente alle indagini tecniche vere e proprie ed è pertanto escluso con riferimento: a) ad operazioni meramente acquisitive di elementi emergenti da pubblici uffici o registri, espletabili dal ctu senza necessità di previo avviso alle parti (Cass. 13109/1992; Cass. 6098/1982); b) alle azioni di natura conoscitivo-intellettiva, svolte di solito dopo la chiusura dell'attività di rilevazione, quali la valutazione di dati in precedenza accertati e l'individuazione di criteri di giudizio (Cass. 5812/1979), controllabili dal c.t.p. attraverso la semplice lettura della relazione. La mancata partecipazione del c.t.p. alle operazioni peritali, che sia stata determinata da un impedimento riconducibile ad eventi eccezionali - se ritenuta come tale dal giudice istruttore -, importa la nullità della consulenza tecnica, nullità comunque a carattere relativo, da eccepire quindi, a pena di decadenza, nella prima udienza successiva al deposito della relazione (Cass. 2589/2003). Quanto all'ambito di estensione dei poteri devoluti al c.t.p., questi è mero ausiliare della parte (non tenuto quindi a prestare giuramento né ricusabile dalla controparte), chiamato ad esprimere manifestazioni di scienza (e non di volontà) limitatamente al profilo tecnico, per cui non è abilitato al compimento di attività tipicamente proprie del difensore (come l'esame del fascicolo processuale o l'estrazione di copie dallo stesso) oppure riservate alla parte. In particolare, il c.t.p. non ha il potere di disporre del diritto controverso: di conseguenza, l'eventuale accordo raggiunto dai c.t.p. non ha natura di atto transattivo, né vincola il giudice a recepire le conclusioni concordemente formulate dai tecnici (Cass. 245/1983). Sulla base della stessa premessa, le affermazioni del c.t.p., ossia le dichiarazioni riportate in verbali di operazioni o contenute nel proprio elaborato, che siano ammissive di fatti sfavorevoli al proprio assistito, non hanno valore confessorio, non essendo vincolanti per la parte rappresentata (Cass. 19189/2003; Cass. 600/1996). Nondimeno, dalle ammissioni - e, più in generale, dal comportamento del c.t.p. - il giudice può desumere argomenti di valutazione, con valore meramente indiziario, da porre a base del proprio convincimento.

Relazione del CTP

La più rilevante espressione dell'attività di controllo sull'operato del c.t.u. svolta dai c.t.p. consiste nella possibilità di stilare un elaborato scritto da sottoporre al vaglio dell'ausiliario d'ufficio ai sensi degli artt. 194-195 c.p.c. oppure, per il tramite della produzione a mezzo del difensore, direttamente al giudice. Lo svolgimento di tale attività ad opera dei c.t.p. assurge ora, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, al rango di attività processuale tipizzata, posta a presidio della piena esplicazione del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti nel momento di formazione della c.d. prova scientifica. Nel sub-procedimento delineato dall'art. 195, comma 3, la precipua disciplina delle modalità e dei tempi per la formulazione delle osservazioni tecniche di parte non soltanto valorizza il ruolo e la funzione espletata dai c.t.p., ma soprattutto, attraverso una dialettica positivamente imposta tra l'ausiliario nominato dal giudice e gli esperti di parte, appresta alle parti uno strumento idoneo ad incidere sul convincimento del ctu nella fase di elaborazione dei risultati dell'indagine peritale e diretto a consentire all'organo giudicante una più pregnante e consapevole verifica sull'affidabilità e sulla coerenza della relazione del ctu. All'esito, il giudice, quale peritus peritorum, ove reputi più convincenti le osservazioni confutative del ctp, può porle a fondamento della decisione, disattendendo le conclusioni del ctu. Le relazioni di ctp costituiscono semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico: esse non integrano un elemento di prova, ma hanno solo il valore di una motivata opinione sul quesito posto dal giudice al ctu e sulle questioni controverse (Cass. 16030/2002; Cass. 5687/2001). L'assunto è suffragato dal rilievo secondo cui la consulenza tecnica di parte si colloca sul versante dell'argomentazione, e ciò esclude ogni autonoma capacità di dimostrazione: esclusa la natura probatoria, ne deriva che le relazioni di ctp sono esonerate dal regime delle preclusioni istruttorie, salvo che esse non contengano l'allegazione di nuove circostanze di fatto oppure la riproduzione di documenti non prodotti prima (attività inibite dalla maturazione dei relativi termini di preclusione).

Ferma l'inoperatività delle preclusioni istruttorie (Cass. 9441/1987), vi è la necessità di osservare i termini stabiliti per il deposito delle osservazioni dei ctp. Tuttavia, sussiste nella giurisprudenza di legittimità contrasto interpretativo sulla possibilità di produrre la relazione del ctp anche oltre la scadenza del termine concesso ai sensi dell'art. 195, comma 3, c.p.c. e addirittura oltre l'udienza di precisazione delle conclusioni, cioè trasfondendo le osservazioni tecniche del c.t.p. - non più scritto difensivo autonomo - nella comparsa conclusionale depositata dal difensore.

Orientamenti a confronto:

POSSIBILITÀ DI RIPORTARE LE OSSERVAZIONI DEL CTP NELLE CONCLUSIONALI

È preclusa la possibilità di rimediare all'inosservanza del termine concesso per il deposito della relazione di ctp trasfondendo i rilievi del tecnico di fiducia della parte nelle comparse conclusionali

Le osservazioni tecniche in tale maniera formulate sarebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale (Cass. 19128/2006; Cass. 9517/2002; Cass. 11999/1998)

Il difensore può riportare nella comparsa conclusionale le contro-deduzioni tecniche del ctp, confutative dell'elaborato del c.t.u., benché non abbia provveduto prima a depositare tali osservazioni

Tale possibilità di citazione dei rilievi tecnici contro-deduttivi costituirebbe espressione del diritto di difesa (Cass. 2809/2000)

Secondo un primo indirizzo, nessun argomento risolutivo della questione può trarsi dalla riforma dell'art. 195 operata dalla recente l. 18 giugno 2009, n. 69. E ciò perché i termini per lo svolgimento di osservazioni tecniche ivi regolati non sono stati qualificati dal legislatore come perentori, per cu rimarrebbe aperta la possibilità per i litiganti di produrre proprie relazioni o note tecniche anche al di fuori del sub-procedimento disciplinato da detta norma. Avverso questo rilievo si può replicare che, sebbene il legislatore non qualifichi tali termini come perentori, tuttavia prevede che le osservazioni dei c.t.p. devono essere trasmesse al c.t.u. entro i termini fissati, il che implica che la violazione di tali termini rende le osservazioni inutilizzabili. Da ultimo, la giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che le osservazioni critiche alla consulenza tecnica d'ufficio non possono essere formulate per la prima volta in comparsa conclusionale - e, pertanto, se ivi contenute, non sono esaminabili dal giudice -, perché in tal modo esse rimarrebbero sottratte al contraddittorio e al dibattito processuale (Cass. 3330/2016; Cass. 7335/2013). Quanto alla valenza della relazione di c.t.p. ai fini della decisione della controversia, per il giudice di merito non sussiste obbligo di motivare il dissenso dalle allegazioni difensive del c.t.p., ove la decisione sia fondata su considerazioni incompatibili con quelle espresse dagli ausiliari delle parti. È invece sufficiente aderire criticamente alle argomentazioni prospettate dal c.t.u., ciò lasciando presumere il rifiuto in via implicita delle contrarie deduzioni delle parti (Cass. 12116/2003; Cass. 6432/2002; Cass. 2486/2001), vieppiù se il c.t.u. abbia replicato alle considerazioni critiche mosse dai c.t.p. (Cass. 1815/2015; Cass. 282/2009). In proposito, la consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio (Cass. 16552/2015), con la conseguenza che il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con esso incompatibili e conformi al parere del proprio consulente (Cass. 2063/2010). Tuttavia, quando le censure all'operato del c.t.u. risultino formulate dopo il deposito dell'elaborato officioso (senza formare, pertanto, oggetto di esame ad opera del c.t.u.) e siano circostanziate, specifiche e tali da condurre, ove fondate, ad una diversa risoluzione della controversia, il giudice che ritenga di uniformarsi al parere del c.t.u. deve esaminare - in modo puntuale e particolareggiato - i rilievi del c.t.p. ed esporre le ragioni per cui li disattende, altrimenti incorrendo nel vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della lite (Cass. 10688/2008; Cass. 4797/2007; Cass. 17556/2002; Cass. 8165/2001), sicché in questa evenienza il c.t.u. ha l'obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate (Cass. 12703/2015). È infatti affetta da vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia la sentenza in cui il giudice non abbia preso espressamente posizione sulla fondatezza delle precise e circostanziate censure mosse dai periti di parte alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio e si sia invece limitato ad un generico ed acritico richiamo alle conclusioni del proprio ausiliare (Cass. 6399/2011). D'altro canto, se il giudice - in ossequio al fondamentale principio della libera formazione del convincimento - condivide gli argomenti del c.t.p. e ritiene di basare la decisione su tali considerazioni, è tenuto a dare adeguata motivazione della ritenuta attendibilità delle stesse. Al pari della relazione di c.t.p. propriamente detta, anche la c.d. perizia stragiudiziale prodotta in lite ha natura di allegazione difensiva, con valore di mero indizio, tale, cioè, da giustificare un approfondimento istruttorio (Cass. 5544/1999); le circostanze fattuali obiettive rilevate nella perizia stragiudiziale possono tuttavia assurgere a dignità di prova, se confermate dal perito in sede di escussione testimoniale richiesta dalla parte (Cass. 9551/2009; Cass. 4437/1997). Ponendo a base del proprio convincimento gli esiti dell'elaborato del c.t.u., il giudice non è tenuto a confutare analiticamente i contrari rilievi della perizia stragiudiziale (Cass. 20821/2006; Cass. 5151/1998), salva l'ipotesi in cui essi siano precisi e circostanziati (Cass. 8165/2001; Cass. 7880/1994); per contro, si richiede specifica motivazione se le risultanze della perizia stragiudiziale fondino, ex se considerate, la decisione dell'organo giudicante (Cass. 1902/2002; Cass. 2574/1992). In tema di consulenza tecnica di ufficio (nella specie, contabile), le parti possono legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione da parte del consulente tecnico d'ufficio, atteso che il diritto di esse ad intervenire nelle operazioni tecniche anche a mezzo dei propri consulenti tecnici deve essere inteso non come diritto a partecipare alla stesura della relazione medesima, che è atto riservato al consulente d'ufficio, ma soltanto all'accertamento materiale dei dati da elaborare (Cass. 24792/2010). La consulenza tecnica di parte, costituendo una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, può essere prodotta sia da sola che nel contesto delle difese scritte della parte e, nel giudizio di appello celebrato con il rito ordinario, anche dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni (Cass. 259/2013). La relazione tecnica di parte prodotta in giudizio, dalla quale si traggono elementi a favore della controparte, non assume valore di confessione, la quale è atto della parte e va espressa in relazione ad un fatto in essa esplicitato, non rilevando, a tal fine, la mera inferenza logica di un'ammissione del consulente (Cass. 21827/2013).

Consulenza di parte nei giudizi risarcitori

Ove sia disposta l'ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio nei giudizi aventi ad oggetto il risarcimento dei danni, specie quando si tratti di danni alla persona, il c.t.p. eventualmente nominato ha un ruolo alquanto delicato nello svolgimento della dialettica in ordine alle questioni tecniche rilevanti per la decisione. Tale ruolo può essere esplicato sia in sede preventiva alla consegna dell'elaborato peritale sia in fase successiva. Sotto il primo profilo, potrà assistere alle operazioni peritali, e in particolare alle visite medico-legali disposte sulla parte lesa, potrà formulare le relative obiezioni, potrà richiedere specifici approfondimenti clinici, potrà consegnare documentazione di corredo avente rilevanza obiettiva (esiti di esami, cartelle cliniche e altri documenti di supporto). Tuttavia, l'utilizzazione del materiale documentario fornito dal consulente tecnico di parte postula che esso sia acquisito nel contraddittorio fra i c.t.p. (Cass. 7737/2016). Sotto il secondo profilo, potrà confutare le risultanze della relazione tecnica d'ufficio, alla stregua di osservazioni dettagliate e supportate dal riferimento alla migliore scienza medica del momento storico in cui sono formulate. Nel caso di danno biologico con inabilità temporanea e con postumi permanenti, i rilievi del c.t.p. potranno vertere: sul calcolo dei periodi di inabilità temporanea assoluta e parziale, sull'esatta identificazione dei postumi residuati, sui barèmes rilevanti per la classificazione della percentuale di invalidità, sulla quantificazione delle spese mediche necessarie, sull'incidenza dell'invalidità riportata in ordine alla capacità lavorativa specifica. L'adempimento di queste attività ha delle puntuali ripercussioni anche sulla decisione. Infatti, qualora ad una consulenza tecnica d'ufficio in materia medico-legale siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte, il giudice che intenda disattenderle ha l'obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte, incorrendo, in tal caso, nel vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. 10688/2008). D'altro canto, è meramente apparente la motivazione della sentenza in cui il giudice richiami le conclusioni raggiunte dal consulente tecnico d'ufficio, senza ulteriori specificazioni, non illustrando né le ragioni né l'iter logico seguito per pervenire, partendo da esse, al risultato enunciato in sentenza, ciò che integra una sostanziale inosservanza dell'obbligo imposto dall'art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione. In questo senso è priva di effettiva motivazione la pronuncia di merito che, in ordine alla liquidazione del cosiddetto danno biologico permanente, nel recepire le indicazioni della consulenza tecnica d'ufficio quanto all'importo da liquidare, non specifichi quali siano le tabelle di calcolo utilizzate per pervenire alla liquidazione e la percentuale d'invalidità permanente riscontrata, non consentendo, pertanto, di ricostruire come e perché sia arrivata a tale quantificazione (Cass. 4448/2014). Ed ancora, in tale campo il giudice può superare le conclusioni sul nesso causale espresse dal c.t.u. In proposito, si rileva che nei giudizi risarcitori promossi da chi lamenti un pregiudizio derivante dall'attività medica è oramai un dato acquisito che l'accertamento del rapporto di causalità segue il criterio della preponderanza dell'evidenza. In conseguenza, posto che l'affermazione della riferibilità causale del danno all'ipotetico responsabile presuppone una valutazione nei termini di «più probabile che non», è corretto l'operato del giudice, eventualmente supportato dalle deduzioni contenute nella c.t.p., che ignori l'esito della consulenza tecnica d'ufficio, la quale pure di norma nell'ambito della responsabilità medico-chirurgica presenta natura percipiente, quando essa formuli una valutazione sull'efficienza eziologica della condotta del sanitario, oppure della struttura dove quest'ultimo opera, rispetto all'evento di danno come meno probabile che non (Cass. 22225/2014). Peraltro, qualora l'azione o l'omissione siano in se stesse concretamente idonee a determinare l'evento, il difetto di accertamento del fatto astrattamente idoneo a escludere il nesso causale tra condotta ed evento non può essere invocato, benché sotto il profilo statistico quel fatto sia «più probabile che non», da chi quell'accertamento avrebbe potuto compiere e non l'abbia, invece, effettuato. Sicché è stata confermata la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistere un nesso di causalità tra la condotta dei medici, i quali avevano ritardato l'esecuzione di un parto cesareo, e la grave asfissia del neonato, reputando irrilevante la pur elevata probabilità statistica che l'asfissia cerebrale potesse avere avuto origine fisiologica in base all'assunto per cui, per escludere con certezza il nesso di causalità tra l'evento e la condotta del sanitario, si sarebbe dovuto disporre di un tracciato cardiotocografico, che i medici stessi avevano però omesso di eseguire nell'imminenza del parto (Cass. 12686/2011; Cass. 3847/2011).

Casistica

La nomina del ctp non necessariamente deve avvenire in cancelleria prima del conferimento dell'incarico al ctu

  • Il c.t.p. può essere nominato nel termine assegnato dall'ordinanza di nomina del c.t.p. mediante dichiarazione resa in cancelleria ovvero, su autorizzazione del giudice, all'udienza di conferimento dell'incarico al c.t.u. nominato o, ancora, con dichiarazione resa al c.t.u. in occasione del primo sopralluogo da quest'ultimo fissato per l'inizio delle attività. Specificamente, è stata ritenuta la validità della nomina del consulente tecnico di parte eseguita con dichiarazione ricevuta dal consulente tecnico di ufficio (Trib. Roma 7 aprile 2004).
  • Il termine disciplinato dall'art. 201 ha natura ordinatoria ed è previsto al fine di rendere edotti il giudicante, il c.t.u. e tutti i contraddittori delle generalità dei soggetti aventi diritto ad assistere ex art. 194 alle operazioni peritali, nonché di consentire alle altre parti processuali l'esercizio dei diritti di difesa; ne consegue che la violazione del termine previsto dall'art. 201 non determina decadenza dalla facoltà di nomina del c.t.p., ove non risultino essere lesi in alcun modo il regolare decorso temporale del procedimento, il governo delle operazioni peritali da parte del giudicante e del nominato c.t.u., né i diritti di difesa delle altre parti (Trib. Milano 18 settembre 2012).

La mancata nomina del ctp ovvero l'omissione di articolazioni contro-deduttive avverso l'elaborato del ctu non preclude la confutazione delle valutazioni tecniche a cura del difensore della parte

  • Tenuto conto che la nomina del consulente di parte, ai sensi dell'art. 201, costituisce mera facoltà delle parti, l'omesso esercizio di tale facoltà o la mancata partecipazione del predetto consulente alle operazioni svolte dal consulente d'ufficio, nonché la successiva mancata compilazione ed allegazione di relazione del consulente di parte, non precludono la possibilità del motivato dissenso da parte del difensore rispetto alla valutazione del c.t.u., né ostano alla formulazione di eventuali sue contestazioni anche in sede prettamente tecnico-scientifica (App. Palermo 14 marzo 2011).

Rilevanza della perizia stragiudiziale

  • Si tratta di un'allegazione difensiva, che può avere valenza indiziaria, tale da indurre il giudice a disporre ulteriori approfondimenti (Trib. Piacenza 21 settembre 2009).
  • Tuttavia, ove la perizia stragiudiziale faccia riferimento a circostanze in fatto di rilevanza oggettiva, tali circostanze possono assurgere al rango di prova piena ove siano confermate dal perito in sede di escussione testimoniale (Trib. Milano 31 ottobre 2008).