Violazione nel settore della concorrenza (antitrust) e risarcimento del danno

Claudio Marangoni
07 Maggio 2015

Le norme di riferimento in materia di disciplina antitrust sono gli artt. 101 e 102 TFUE (già artt. 81 e 82 Trattato CE) che vietano, rispettivamente, le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di posizione dominante posti in essere da imprese e suscettibili di arrecare pregiudizio al commercio tra gli Stati membri.L'ordinamento giuridico nazionale possiede anche una disciplina antitrust interna introdotta con la L. n. 287/1990 e il rapporto tra norme nazionali e comunitarie di tutela della concorrenza è stato regolato con l'introduzione del Reg. CE n. 1/2003 che ha stabilito per i giudici e le autorità di concorrenza nazionali un obbligo di applicazione del diritto antitrust comunitario alle intese e agli abusi di posizione dominante che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri. Nell'attuale sistema la Commissione, le autorità nazionali di concorrenza e i giudici nazionali sono tutti ugualmente competenti ad applicare le norme comunitarie sulla concorrenza.
Inquadramento

Le norme di riferimento in materia di disciplina antitrust sono gli artt. 101 e 102 TFUE (già artt. 81 e 82 Trattato CE) che vietano, rispettivamente, le intese restrittive della concorrenza e gli abusi di posizione dominante posti in essere da imprese e suscettibili di arrecare pregiudizio al commercio tra gli Stati membri.

L'ordinamento giuridico nazionale possiede anche una disciplina antitrust interna introdotta con la L. n. 287/1990 e il rapporto tra norme nazionali e comunitarie di tutela della concorrenza è stato regolato con l'introduzione del Reg. CE n. 1/2003 che ha stabilito per i giudici e le autorità di concorrenza nazionali un obbligo di applicazione del diritto antitrust comunitario alle intese e agli abusi di posizione dominante che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri. Nell'attuale sistema la Commissione, le autorità nazionali di concorrenza e i giudici nazionali sono tutti ugualmente competenti ad applicare le norme comunitarie sulla concorrenza.

Il quadro complessivo degli interventi normativi e le indicazioni provenienti dalla Commissione europea convergono nel senso di potenziare il private enforcement, inteso quale azione legale intentata dalla vittima di un comportamento anti-competitivo davanti ad una corte nazionale, differenziandolo dal public enforcement nel cui ambito le autorità pubbliche (la Commissione a livello europeo e le Autorità Garanti nazionali negli Stati membri) conducono indagini su sospette violazioni delle regole di concorrenza e possono adottare misure e imporre sanzioni a carico delle imprese responsabili.

Per ciò che attiene specificamente alla tematica del risarcimento del danno, appare importante segnalare che Il Parlamento europeo ha approvato in data 26 novembre 2014 la Direttiva 2014/104/UE relativa alle norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea. Il termine per il suo recepimento negli ordinamenti nazionali è stato fissato al 31 dicembre 2016.

Elemento oggettivo

Le fattispecie che danno luogo a responsabilità risarcitoria in tema di disciplina antitrust si incentrano sulla valutazione di ipotesi di rilevanza anticoncorrenziale di una condotta di impresa sotto il profilo della sussistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza (art. 101 TFUE) o di un abuso di posizione dominante (art. 102 TFUE).

Dinanzi al giudice ordinario possono essere avviate azioni risarcitorie per violazione della disciplina antitrust sia conseguenti e successive ad un provvedimento amministrativo emesso dall'Autorità Garante nazionale che abbia accertato e sanzionato una o più imprese per aver violato le regole della concorrenza (azioni follow on) che azioni che prescindano o che non siano comunque precedute da un accertamento in sede amministrativa della sussistenza dei comportamenti illeciti in questione (azioni stand alone).

In tale ultima ipotesi è evidente che parte attrice sarà gravata dall'onere probatorio relativo alla dimostrazione della sussistenza di tutti i presupposti che integrano le fattispecie di violazione della normativa antitrust, mentre laddove sia stato già adottato un provvedimento da parte dell'Autorità Garante di accertamento della violazione il giudice secondo la giurisprudenza nazionale potrà ritenere la delibera assunta dall'AGCM - nonché le decisioni dei giudici amministrativi che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni – come prova particolarmente qualificata (“prova privilegiata”) cui riferirsi per fondare la valutazione di sussistenza della condotta contestata (v. Cass. n. 3640/2009, seguita poi in senso conforme da Cass. n. 5941/2011, Cass. n. 5942/2011, Cass. n. 7039/2012).

Va comunque precisato che tale efficacia probatoria deve intendersi limitata all'accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata, alla qualifica di tale posizione come dominante, alla sussistenza del comportamento accertato e alla sua qualificazione come intesa o abuso della posizione dominante, senza dunque estendersi altresì anche all'accertamento di tutti gli ulteriori elementi necessari alla liquidazione del risarcimento dei danni a favore delle vittime (sussistenza dei danni, nesso di causalità, quantificazione del risarcimento, analisi delle diverse componenti del danno ecc.).

Va però rilevato che l'art 9, Direttiva 2014/104/UE dispone che gli Stati membri nell'implementare tale direttiva negli ordinamenti interni provvederanno affinché una violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso sia ritenuta definitivamente accertata ai fini dell'azione per il risarcimento del danno proposta dinanzi ai loro giudici nazionali ai sensi dell'art. 101 o 102 TFUE o ai sensi del diritto nazionale della concorrenza.

Va sottolineato che la Corte di Cassazione in una importante pronuncia in materia del risarcimento del danno conseguente a violazioni della disciplina antitrust ha definito addirittura «aberrante» la possibilità utilizzare l'espressione in re ipsa per stabilire la sussistenza del danno nel caso concreto (Cass. n. 2305/2007; v. anche Cass. 20695/2013), per cui in tale tipologia di azioni è necessario fornire la prova dell'esistenza di un danno effettivamente patito, prima di proporre gli elementi utili alla quantificazione di quel danno e, quindi, prima di sottoporre al giudice la scelta dei criteri idonei alla liquidazione del risarcimento dovuto nel caso concreto.

Rilevante è altresì la questione relativa al termine di prescrizione proprio del diritto al risarcimento del danno in materia antitrust.

La giurisprudenza di legittimità ha stabilito in tema di giudizi antitrust il principio secondo il quale in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno lungolatente, l'azione risarcitoria si prescrive, in base al combinato disposto degli art. 2935 e 2947 c.c., in cinque anni dal giorno in cui chi assume di aver subito il danno abbia avuto, usando l'ordinaria diligenza, ragionevole ed adeguata conoscenza del danno e della sua ingiustizia, mentre resta a carico di chi eccepisce la prescrizione l'onere di provarne la decorrenza (così Cass. n. 2305/2007).

Premessa l'autonomia dell'azione civile rispetto alle determinazioni dell'autorità garante in sede sanzionatoria ed esclusa sulla base dell'attuale sistema normativo qualsiasi ipotesi di pregiudiziale amministrativa, la richiamata giurisprudenza di legittimità ha rilevato che l'esordio della prescrizione non può essere collegato nè al momento in cui l'accertamento dell'esistenza di illeciti anticoncorrenziali ha assunto la sua definitività in sede giudiziaria amministrativa, nè nel momento in cui, secondo la stessa prospettazione dell'assicurato, fu cagionato il danno, consistito - nella fattispecie all'attenzione della Corte in tale occasione - nel pagamento di un ingiusto aumento del premio assicurativo.

Va invece dato rilievo al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto completa conoscenza del danno e della sua ingiustizia (con il corredo di tutte le circostanze e modalità del fatto), e cioè nel momento in cui si deve ritenere che egli è stato adeguatamente e ragionevolmente informato circa l'illiceità del fatto che ha cagionato il danno (ad esempio un'intesa vietata tra imprese, o un comportamento di abuso di posizione dominante).

Poiché però tali fatti possono essere frutto – come le intese – di accordi riservati non facilmente conoscibili, il consumatore, situato nell'ultimo anello del mercato, ne rimane esposto in maniera ignara, finché attraverso proprie indagini e/o idonea pubblicizzazione di stampa e mezzi di comunicazione non ne venga reso edotto, mentre non è indispensabile che la conoscenza della quale si tratta derivi dalla pubblicizzazione delle indagini dell'Autorità Garante o del provvedimento di questa che abbia accertato la condotta illecita posto che – come si è detto – l'illecito concorrenziale antitrust può essere autonomamente accertato dal giudice ordinario anche in assenza di un corrispondente provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Sicché va valutato caso per caso, in relazione al grado di competenza e di effettiva conoscibilità proprio del soggetto danneggiato, in quale momento esso abbia avuto sufficiente ed adeguata informazione quanto alla sussistenza dell'illecito lamentato in tema di tutela della concorrenza.

La Direttiva 2014/104/UE – nel confermare nella misura di almeno cinque anni il termine di prescrizione per le azioni di risarcimento del danno - introduce invece principi diversi da quelli propri del nostro ordinamento nazionale quanto all'inizio della decorrenza della prescrizione stessa, laddove prevede nell'art. 10 che «il termine di prescrizione non inizi a decorrere prima che la violazione sia cessata e prima che l'attore sia a conoscenza, o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza:

  • del comportamento e del fatto che costituisce una violazione del diritto della concorrenza;
  • del fatto che la violazione del diritto della concorrenza gli ha causato un danno;
  • dell'identità dell'impresa autrice della violazione».

Inoltre, introduce una specifica ipotesi di sospensione o interruzione della decorrenza del termine per l'esercizio dell'azione di risarcimento del danno qualora l'autorità garante intervenga in relazione alla medesima fattispecie a fini di indagine; tale sospensione permane almeno fino ad un anno dopo la definitività della decisione dell'autorità garante o la chiusura del procedimento.

Soggetti legittimati

Appare ormai principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la normativa antitrust - in particolare la L. n. 287/1990 - detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata.

Da un lato, di fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall'altro, il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Pertanto, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art. 2043 c.c., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l'effetto di una collusione "a monte", ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del danno di cui all'art. 33, L. n. 287/1990 (così Cass, S.U., 2207/2005; da ultimo Cass. n. 993/2010).

Sussiste, dunque, una duplice tipologia di pregiudizio e pertanto di pretese risarcitorie, l'una connessa a quelle delle imprese i cui interessi sono stati lesi in maniera diretta ed immediata dalla fattispecie vietata, l'altra attinente, invece, alle pretese risarcitorie dei soggetti che, sul presupposto dell'esistenza di un'intesa, sono entrati in rapporti contrattuali con le imprese autrici della collusione.

Elemento oggettivo

L'azione risarcitoria in relazione a fattispecie antitrust è generalmente ricondotta ai presupposti propri dell'art. 2043 c.c.

Quanto alla sussistenza dell'elemento soggettivo di tale fattispecie si è comunque osservato che gli illeciti antitrust sono vietati e soggetti a sanzioni amministrative e che dunque la loro condotta si risolve nella violazione di una norma di legge, sicchè in tale contesto i trasgressori non potrebbero ignorare gli effetti restrittivi della concorrenza che i loro comportamenti abbiano determinato.

Come ha osservato la giurisprudenza di legittimità «una parte che chiede dichiararsi la nullità di una intesa, allega un fatto illecito nella cui struttura vi è l'elemento psicologico del dolo o della colpa» (Cass., S.U., 2207/2005, cit.).

Non può peraltro escludersi la possibilità per il soggetto convenuto di fornire la prova circa l'assenza di qualsiasi profilo di colpa (ad esempio, per avere ignorato senza colpa l'effetto restrittivo sul mercato dei propri comportamento oppure per errore di diritto scusabile: v. comunque per un caso in cui non è stata ritenuta provata l'assenza di colpa Cass. n. 20695/2013).

Va tenuto comunque presente l'effetto vincolante che le decisioni dell'autorità nazionale garante acquisiranno ai sensi dell'art. 9, Direttiva 2014/104/UE.

Nesso di causalità

L'azione risarcitoria svolta nei confronti di un soggetto riconosciuto autore di un comportamento riconosciuto (a seguito di provvedimento dell'AGCM o direttamente dal giudice ordinario) in violazione degli artt. 101 e 102 TFUE e/o degli artt. 2 e 3 L. n. 287/1990 è volta alla riparazione del danno ingiusto (consistente, ad esempio, nell'aver pagato un premio di polizza superiore a quello che l'assicurato stesso avrebbe pagato in condizioni di libero mercato) e in tale contesto il giudice potrà desumere l'esistenza del nesso causale tra la condotta illecita accertata - astrattamente idonea ad arrecare danno - ed il danno lamentato anche attraverso criteri di alta probabilità logica o per il tramite di presunzioni, senza però omettere di valutare gli elementi di prova offerti dal soggetto ritenuto responsabile della condotta illecita che tenda a provare contro le presunzioni o a dimostrare l'intervento di fattori causali diversi, che siano stati da soli idonei a produrre il danno, o che abbiano, comunque, concorso a produrlo (v. Cass. n. 2305/2007, cit.).

Oltre alla necessità che di tali valutazioni basate su elementi presuntivi o probabilistici sia data corretta ed esaustiva motivazione, va peraltro rammentato che secondo la giurisprudenza finora consolidatasi anche la presenza di una decisione definitiva dell'AGCM quanto all'esistenza della condotta illecita di regola non impedisce alla parte alla quale detto comportamento viene addebitato di contestare e provare dinanzi al giudice civile la stessa insussistenza dell'illecito sulla base di elementi tali da evidenziare errori od omissioni nel percorso valutativo dell'AGCM, oppure la mancanza di effetti negativi sul mercato della condotta censurata e/o in ultima analisi di concreto pregiudizio in danno della parte attrice (v. però le nuove prospettive conseguenti all'imminente implementazione della Direttiva 2014/104/UE quanto alla vincolatività per il giudice del risarcimento dei provvedimenti definitivi emessi dall'autorità garante).

La questione della prova del nesso di causalità appare di notevole importanza al fine di individuare e delimitare l'area effettiva del danno effettivamente risarcibile in relazione alla posizione di un determinato soggetto (al fine di evitare eventuali duplicazioni del risarcimento del danno per effetto di eventuali traslazioni del medesimo su altri soggetti, quali ad esempio i consumatori finali).

L'individuazione del nesso di causalità appare di particolare delicatezza ed obbiettiva difficoltà in tema di risarcimento del danno in materia antitrust, analisi che coinvolge spesso valutazioni prognostiche implicanti anche l'applicazione di metodi e cognizioni di natura economica di elevato livello tecnico, in un contesto definito di asimmetria informativa tra le informazioni a disposizione dell'attore e quelle in possesso del convenuto.

Onere della prova

L'onere della prova dell'effetto restrittivo della concorrenza derivato dalle condotte di un soggetto appare attribuito in via generale secondo i principi dell'illecito extracontrattuale a colui che contesta l'esistenza di un illecito antitrust (art. 2697 c.c.).

Come già osservato, va peraltro evidenziato l'orientamento della giurisprudenza di legittimità sinora volto a ritenere sussistente nelle azioni follow on una prova particolarmente qualificata (“prova privilegiata”) a disposizione di parte attrice cui riferirsi per fondare la valutazione di sussistenza della condotta contestata, consistente nel provvedimento sanzionatorio già adottato dall'AGCM (v. Cass. n. 3640/2009, Cass. n. 5941/2011, Cass. n. 5942/2011, Cass. n. 7039/2012, già innanzi citate), la cui efficacia probatoria deve tuttavia intendersi limitata all'accertamento della condotta illecita (esistenza di intese, posizione dominante rivestita sul mercato dalla società indagata, qualificazione del comportamento come abuso di posizione dominante) senza estendersi altresì anche all'accertamento di tutti gli ulteriori elementi necessari alla liquidazione del risarcimento dei danni a favore delle vittime (sussistenza dei danni, nesso di causalità, quantificazione del risarcimento, analisi delle diverse componenti del danno ecc.).

Di contro deve rilevarsi che nell'ipotesi di azioni stand alone appare obbiettivamente di grande difficoltà per un soggetto che deduca l'esistenza di intese restrittive della concorrenza giungere alla prova effettiva di tali comportamenti secondo i principi processuali propri di un giudizio in sede civile - indipendentemente cioè dall'esercizio dei penetranti poteri ispettivi attribuiti all'AGCM - onere che appare invece più accessibile per le ipotesi di abuso di posizione dominante.

Va segnalato peraltro come in favore del consumatore – soggetto finale sul quale si è scaricato il danno derivante dall'aumento dei prezzi – la giurisprudenza di legittimità abbia ritenuto di alleggerire l'onere probatorio su di esso incombente, stabilendo che «l'assicurato che proponga azione risarcitoria nei confronti dell'impresa di assicurazione che sia stata sottoposta a sanzione dall'Autorità garante per aver partecipato ad un'intesa anticoncorrenziale, ha l'onere di allegare la polizza assicurativa contratta e l'accertamento, in sede amministrativa, dell'intesa anticoncorrenziale, potendosi su queste circostanze fondare la presunzione dell'indebito aumento del premio per effetto del comportamento collusivo e della misura di tale aumento. Né in questo modo può considerarsi violato il brocardo "praesumptum de praesumpto non admittitur", perché nel danno subito dalla generalità degli assicurati per effetto dell'illecito antitrust, accertato sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, è infatti ricompreso, come suo essenziale componente, il danno subito dai singoli assicurati, dovendosi ritenere che lo stesso, pur concettualmente distinguibile sul piano logico, non lo sia sul piano fattuale e, dunque, non richieda, per essere dimostrato, un'ulteriore presunzione(così da ultimo Cass. n. 12551/2013; v. anche Cass. n. 7039/2012, Cass. n. 2035/2007).

La Direttiva 2014/104/UE si inserisce in maniera del tutto rilevante sul quadro giurisprudenziale nazionale fin qui tracciato.

Come già rilevato essa nell'art. 9 stabilisce il principio secondo il quale «una violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso sia ritenuta definitivamente accertata ai fini dell'azione per il risarcimento del danno proposta dinanzi ai loro giudici nazionali».

Inoltre prevede che «nei procedimenti relativi ad un'azione per il risarcimento del danno nell'Unione, su richiesta di un attore che abbia presentato una giustificazione motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della sua domanda di risarcimento del danno, i giudici nazionali possano ingiungere al convenuto o a terzi la divulgazione delle pertinenti prove di cui abbiano il controllo… Gli Stati membri provvedono affinché i giudici possano anche ingiungere all'attore o a un terzo la divulgazione delle prove su richiesta del convenuto» (art. 5), definendo condizioni e limiti di dette istanze.

Criteri di liquidazione

Il presupposto da cui muovere è quello della funzione compensativa della responsabilità civile proprio del nostro ordinamento anche per ciò che attiene al risarcimento del danno da illecito antitrust, con esclusione pertanto di ogni profilo sanzionatorio o di deterrenza a carico del soggetto responsabile (v. Cass. n. 1183/2007).

In tale prospettiva appare rilevante la possibilità di considerare il fenomeno del passing on, e cioè l'eventuale traslazione a valle (fino al consumatore finale) dell'eventuale sovrapprezzo frutto della condotta illecita connessa ad una pratica di sfruttamento (sia essa conseguente ad un'intesa che ad un abuso di posizione dominante) che determina l'acquisizione a vantaggio dell'imprenditore scorretto di un indebito trasferimento di ricchezza (sovrapprezzo anticompetitivo). In genere il passing on da un lato può fondare la sussistenza di un interesse del consumatore finale alla richiesta di risarcimento del danno derivante dai maggiori oneri economici sopportati per l'acquisto di un bene, ma anche la difesa del convenuto il quale può eccepire l'avvenuta traslazione (integrale o parziale) da parte dell'attore (soggetto intermedio) del sovrapprezzo sul prezzo del bene e dunque sul consumatore finale, così evitandosi improprie duplicazioni di risarcimento.

La possibilità di delimitare l'area di risarcibilità del danno considerando gli effetti di tale traslazione del danno pare ancora nel nostro ordinamento oggetto di riflessione dottrinale e giurisprudenziale (v. App. Torino, 6 luglio 2000 e App. Torino, 20 gennaio 2003 in senso favorevole). Esso costituisce comunque un profilo che deve essere in concreto verificato anche in relazione all'eventuale riduzione del volume delle vendite determinato appunto dall'aumento del prezzo indotto dalla traslazione dell'overcharge (v. CGUE, caso C-147/01, Weber's Wine World; v. anche Cass. n. 21033/2013); d'altra parte può accadere che l'impresa che subisca l'overcharge da parte del soggetto che attua la condotta illecita non proceda a sua volta alla traslazione a valle di tale danno ma decida di assorbirlo al proprio interno, così comprimendo i propri margini di guadagno per effetto dell'abuso subito (margin squeeze).

Anche per tale specifico profilo la Direttiva 2014/104/UE introduce importanti elementi di novità che sembrano idonei a dissipare ogni incertezza sulla rilevanza da attribuire al fenomeno del passing on, in quanto essa tratta proprio della questione del trasferimento del prezzo (Capo IV della Proposta) e prevede espressamente sia la possibilità che tale questione venga sollevata in via d'eccezione dal convenuto (art. 13) sia che essa costituisca il fondamento della domanda di risarcimento del danno formulata dall'acquirente indiretto (art. 14) e regola gli oneri probatori incombenti sulle parti in tali fattispecie.

In via generale la funzione compensativa del risarcimento del danno determina la risarcibilità dello stesso secondo gli ordinari profili del danno emergente e del lucro cessante, con particolare riferimento al danno da perdita di chance (v. Cass. n. 2305/2007 cit.).

Assume dunque particolare rilievo la necessità di procedere in sede di causa (mediante consulenza tecnica d'ufficio) ad una comparazione tra la situazione soggettiva del danneggiato e quella che invece sarebbe stata in assenza del comportamento illecito, con tutte le complicazioni derivanti dalla complessità propria della ricostruzione di uno scenario controfattuale ed ipotetico.

Tali indagini controfattuali sono state eseguite sulla base di metodi diversi:

- confronto con prezzi determinati dalle condotte illecite con quelli praticati su di un mercato non interessato da detto fenomeno, o dello stesso bene su aree geografiche diverse oppure relativamente a periodi temporali diversi (before/after);

- comparazione tra redditività d'impresa reale e quello proprio di uno scenario controfattuale (tassi di profitto minimo; profitti realizzati da altre imprese dello stesso mercato).

Il testo della Direttiva 2014/104/UE conferma la funzione compensativa del risarcimento del danno («Il pieno risarcimento ai sensi della presente direttiva non comporta un risarcimento eccessivo, sia esso a titolo di risarcimento punitivo, multiplo o di altra natura»: art. 2, punto 3); prevede - come già rilevato - che «il convenuto in un'azione per il risarcimento del danno possa invocare, contro una domanda di risarcimento del danno, il fatto che l'attore abbia trasferito in parte o in toto il sovrapprezzo derivante dalla violazione del diritto della concorrenza», onerando lo stesso convenuto della prova del fatto che il sovrapprezzo sia stato trasferito, anche chiedendo che l'attore e terzi presentino delle informazioni (art. 13); che, specularmente, ove domande di risarcimento del danno dipendano dal fatto che il sovrapprezzo sia stato trasferito o meno sull'attore - e in quale misura - tenuto conto della prassi commerciale di trasferire gli aumenti di prezzo a valle della catena di approvvigionamento, l'onere di dimostrare l'esistenza e la portata di tale trasferimento sia onere dell'attore (art. 14).

Rispetto alla quantificazione del danno la Direttiva 2014/104/UE prevede altresì la presunzione per cui le violazioni sotto forma di cartello causano un danno (art. 17, comma 2) e la Comunicazione della Commissione relativa alla quantificazione del danno nelle azioni di risarcimento fondate sulla violazione dell'art. 101 o 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea è accompagnata da una Guida pratica relativa alla quantificazione del danno nelle azioni di risarcimento che ripercorre i vari metodi comparativi per la realizzazione dello scenario controfattuale nonché le diverse ipotesi di quantificazione del danno (causato dall'aumento dei prezzi o da pratiche di esclusione).

Aspetti processuali

Per effetto del D.L. n. 1/2012 il Tribunale delle Imprese è divenuto funzionalmente competente per tutte le controversie di cui all'art. 33, comma 2, L. n. 287/1990 (controversie in materia di intese, abuso di posizione dominante ed operazioni di concentrazione) nonché per tutte le controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell'Unione europea, così risultando unico organo giurisdizionale interno competente in materia antitrust a partire dalle cause instaurate dopo il 20 settembre 2012 a fronte della competenza già attribuita dall'art. 33, comma 2, L. n. 287/1990 alla Corte d'appello per le ipotesi di violazione della legge antitrust nazionale.

Per effetto della devoluzione di dette cause alla competenza del Tribunale delle Imprese, la loro decisione è devoluta a tale organo in composizione collegiale.

Casistica

1) Rilevante nel nostro ordinamento interno è stato l'accertamento compiuto dall'AGCM dell'esistenza tra gli anni 1996/2001 di un cartello tra 39 compagnie assicuratrici, sanzionate con deliberazione n. 8546 del 28 luglio 2000, per avere instaurato tra loro un sistema di reciproco scambio di informazioni e prezzi che avevano determinato un ingiustificato e generalizzato aumento delle polizze RC Auto.

Sulla base di tale accertamento sono state avviate numerose cause da parte dei singoli consumatori/contraenti al fine di ottenere la restituzione della parte di premio che costituiva il sovrapprezzo derivato da tali condotte.

In relazione a tali cause la giurisprudenza nazionale ha via via precisato le condizioni ed i limiti delle azioni proposte dai consumatori, rispetto a contratti stipulati a valle delle intese illecite con le compagnie assicuratrici appartenenti al cartello, nonché gli oneri probatori su di esso incombenti, la decorrenza del termine di prescrizione ecc.

Di tali pronunce della giurisprudenza di legittimità si è già dato conto nei precedenti capitoli rispetto alle singole questioni specificamente affrontate.

In effetti la quasi totalità delle azioni nazionali di risarcimento del danno è però conseguente alle fattispecie di abuso di posizione dominante, prevalentemente instaurate da soggetti posti a livelli diversi ed intermedi della catena commerciale.

2) Sembrano quantitativamente predominanti le controversie attinenti al settore della telefonia tra i diversi operatori sia per la rete fissa che per la rete mobile, che rivestono interesse soprattutto per i criteri ivi seguiti per la determinazione del risarcimento del danno, per la prova dello stesso e per l'applicazione dei principi in termini di prescrizione.

Si possono citare tra di esse: App. Milano, sent., 24 dicembre 1996, Telesystem/SIP; App. Roma, sent., 6 luglio 2000, Wind/Telecom; App. Roma, sent., 20 gennaio 2003, Albacom/Telecom; Trib. Milano, sent., 13 febbraio 2013, OKCom/Telecom; Trib. Milano, sent., 1 ottobre 2013, Teleunit/Vodafone; Trib. Milano, sent., 27 dicembre 2013, Brennercom/Telecom; Trib. Milano, sent., 3 marzo 2014, Brennercom/Telecom.

Da segnalare in particolare tra di esse quelle più recenti che hanno proceduto alla liquidazione del danno sull'accertamento del margin squeeze, escludendo in tali ipotesi la concorrente possibilità di liquidare anche il danno da overcharge in quanto ritenuto assorbito (Trib. Milano, sent., 27 dicembre 2013, Brennercom/Telecom cit., Trib. Milano, sent., 3 marzo 2014, Brennercom/Telecom cit.).

3)Sempre in tema di criteri di determinazione del risarcimento del danno in settori diversi dalla telefonia risultano rilevanti App. Milano, sent., 11 luglio 2003 Bluvacanze (ipotesi di boicottaggio); App. Torino, sent., 7 febbraio 2002, Valgrana; App. Milano, sent., 10 dicembre 2004 Inaz Paghe; App. Roma, 31 marzo 2008, International Broker, che mostrano l'applicazione alle varie fattispecie concrete l'applicazione del metodo before/after nella ricostruzione dello scenario controfattuale.

Alcune pronunce – anche in settori produttivi diversi - si sono specificamente occupate dell'onere della prova del danno (Trib. Milano, 18 luglio 2014, Eutelia/Telecom; Trib. Milano, sent., 17 ottobre 2014, OKCom/Telecom) e della prescrizione dell'azione di risarcimento del danno (Trib. Milano, sent., 14 aprile 2014, Irline Logistic/SEA; Trib. Milano, sent., 15 aprile 2014, Uno Communications/Telecom; Trib. Milano, sent., 14 ottobre 2014 Fastweb/Vodafone).

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