Domicilio e danno da sua lesione

Andrea Penta
19 Agosto 2016

Il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge e nei casi in cui sia cagionato da un evento di danno consistente nella lesione di specifici diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti. Il diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché del domicilio, è qualificabile come diritto inviolabile di rilevanza costituzionale.

Inquadramento

La Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972 (in Riv. dir. comm. 2009, 4-5-6, 43, con nota di Scotti), che si inserisce nell'ambito delle pronunce meglio note come “sentenze di San martino”, ha, in primo luogo, ribadito la bipolarità tra danno patrimoniale da fatto illecito (art. 2043 c.c.), connotato da atipicità (lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante), e danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), connotato da tipicità. In passato era stato configurato, invece, un sistema risarcitorio “tripolare”, basato sulle figure del danno biologico (inteso come lesione al bene salute), danno morale soggettivo (inteso come sofferenza transeunte patita dalla vittima in conseguenza del reato) e danno patrimoniale. Il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge e nei casi in cui sia cagionato da (un evento di danno consistente nella lesione di specifici diritti inviolabili della persona costituzionalmente protetti (es.: diritto all'integrità psico-fisica - art. 32 Cost. -; diritto alla personalità morale - artt. 1,2,4 e 35 Cost. - del lavoratore). I casi previsti dalla legge si dividono in due gruppi: quelli in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (dal codice penale, quale fatto illecito integrante reato, e dalle leggi speciali) e quelli in cui la risarcibilità, pur non essendo prevista da norme di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., «per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla legge». Fatta eccezione per il caso in cui il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato (nella quale evenienza la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale), deve, in definitiva, sussistere una ingiustizia costituzionalmente qualificata, da individuarsi sulla base dell'interesse leso e non del pregiudizio sofferto (in questi sostanziali termini si è espressa Cass. civ., Sez. Un., 19 agosto 2009, n. 18356, in Guida al diritto 2009, 37, 24, con nota di Piselli). Invero la Cassazione distingue, nell'ambito dei diritti fondamentali, i diritti (beni o interessi) inviolabili dell'uomo (che devono pur sempre essere di rilievo costituzionale), statuendo che dalla lesione di questi soltanto origina il danno non patrimoniale. Non è, pertanto, sufficiente che questi beni o interessi siano tutelati dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, poiché la Convenzione, pur essendo dotata di una natura che la distingue dagli obblighi nascenti da altri trattati internazionali, non assume, in forza dell'art. 11 Cost., il rango di fonte costituzionale. La menzionata distinzione ha rilevanza pratica, atteso che vi sono diritti che, pur essendo fondamentali (come, ad es., la libera circolazione), non sono inviolabili.

D'altra parte, vi sono diritti che, pur riconosciuti dalla Costituzione, ma dalla stessa non qualificati espressamente con l'attributo dell'inviolabilità, debbono essere considerati invece tali (il diritto alla salute – art. 32 -, la reputazione, l'immagine, il nome e la riservatezza – artt. 2 e 3 -, il diritto a professare liberamente la fede religiosa che si intenda scegliere – art. 19 -, il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero – art. 21 -, i diritti della famiglia – artt. 2, 29 e 30 -, tra i quali ultimi rientra il danno da perdita o da grave compromissione del rapporto parentale, nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto). Contra, in dottrina, Viola, Danno esistenziale: quale tavola di valori/interessi costituzionalmente garantiti?, Sintesi della relazione tenuta a Roma, Palazzo Marini, Camera dei Deputati, il 17 giugno 2008, nell'ambito del convegno dal titolo «Il risarcimento del danno esistenziale e del macrodanno», secondo cui i diritti costituzionalmente qualificati sarebbero tutti quelli espressi dalla Costituzione.

In dottrina, non è affatto pacifica, la latitudine della nozione di diritti “fondamentali”. Secondo A. Pace, La garanzia dei diritti fondamentali nell'ordinamento costituzionale italiano: il ruolo del legislatore e dei giudici “comuni”, in AA.VV., Nuove dimensioni dei diritti di libertà (Scritti in onore di Paolo Barile), Padova 1990, 109 ss., la Costituzione italiana, a differenza della Legge fondamentale tedesca e della Costituzione spagnola, non individua un'autonoma categoria di diritti “fondamentali”, con la conseguenza che, «se si volesse introdurre, con valore giuridico, la locuzione “diritti fondamentali” nel nostro ordinamento, tutti i diritti costituzionali dovrebbero essere considerati parimenti fondamentali».

Gli interessi della persona costituzionalmente protetti

In quest'ottica è importante chiarire quali sono in astratto gli interessi della persona costituzionalmente protetti (non reddituali) la cui lesione o menomazione legittima la richiesta di una eventuale ulteriore voce di danno non patrimoniale.

In linea generale, gli ulteriori (rispetto ai reati – diffamazione, rapina, violazione di domicilio, disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, molestie sessuali, maltrattamenti in famiglia, ecc. – che abbiano cagionato un danno non patrimoniale, già disciplinati ai sensi del combinato disposto degli artt.2059 c.c. e art. 185, comma 2, c.p.) danni non patrimoniali sono conseguenti:

a) ad illeciti ai danni del lavoratore che integrino altresì lesioni di interessi di rango costituzionale inerenti alla persona: in tema di violazione di alcune particolari norme antinfortunistiche o di violazione dei principali diritti del lavoratore (mansioni, ferie, riposo settimanale, retribuzione) ovvero ad illeciti che integrino l'ipotesi di mobbing;

b) alla lesione di altri valori inerenti alla persona di rilevanza costituzionale: b1) lesione del cd. rapporto parentale (danno consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita della famiglia), alterazione dell'assetto su cui si fonda il nucleo familiare ed irreversibile perdita del godimento del congiunto; b2) danno sessuale da cd. impotentia coeundi; b3) danno da ingiusta detenzione; b4) danno da immissioni acustiche intollerabili; b4) danno da vacanza rovinata; tale danno, in realtà, probabilmente rientra nelle ipotesi sub c), in quanto ha il suo fondamento normativo negli artt. 13, 15 e 16 della Convenzione sul contratto di viaggio – d.lgs. n.111/1995, attuativo della dir. Cee n.90/314 -; b5) danno per protesto illegittimo; b6) danni da prodotto difettoso; b7) danno patito dal minore in conseguenza della violazione da parte del padre degli obblighi di assistenza familiare;

c) alla lesione di valori umani tutelati da leggi speciali o da norme imperative (fattispecie che comunque rientrano nell'alveo dell'art. 2059 c.c., il quale prevede il risarcimento del danno non patrimoniale nei casi previsti dalla legge): c1) espressioni sconvenienti in atti processuali (art. 89 c.p.c.); c2) violazione delle regole relative al trattamento, alla raccolta ed ai requisiti dei dati personali (art. 29, comma 9, L n.675/1996; art.15, d.lgs. 30 giugno 2003, n.196 – cd. Codice della privacy -; da non confondere con l'altra ipotesi, anch'essa codificata, dell'impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali: art. 44, comma 7, d.lgs. n. 286/1998; c3) mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo (art. 2, L. 24 marzo 2001, n.89); c4) Rientra in questa species altresì l'adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi, ex art. 2 l. n. 89/2001.

Peraltro le Sezioni Unite hanno precisato che quelli inviolabili non sono un numerus clausus (essendo il relativo catalogo soggetto al ‘fluire del tempo' ed al manifestarsi nel corso di esso di un diverso sentire sociale), fermo restando che, quando il rinvio ai casi determinati dalla legge è pieno, l'interprete non è chiamato a svolgere nessun altra indagine. La tutela non è, cioè, ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell'apertura dell'art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana. Nello stesso senso ci si era espresso, in dottrina, Viola, Danno esistenziale: quale tavola di valori/interessi costituzionalmente garantiti ?, cit.. Il danno non patrimoniale è, pertanto, tipico nel senso che è necessario individuare il referente costituzionale vulnerato, ma aperto ad interpretazioni estensive (come se si trattasse di una tipicità anomala, per certi versi). In tal modo, tuttavia, il tratto di atipicità appare marcato.

L'ambito del pregiudizio ristorabile

Va evidenziato che, quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale), la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni). Quando, invece, il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale, la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario della precedente ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice; sicché, quest'ultimo è chiamato a verificare innanzitutto se sussista nel caso di volta in volta prospettato l'interesse costituzionalmente tutelato attinente ai valori inviolabili della persona che legittimi la richiesta risarcitoria, laddove non ricorra una ipotesi di risarcimento del danno non patrimoniale prevista dalla legge.

Interessante è a tal fine Cass. civ., sez. II, 8 marzo 2010, n. 5564, in Diritto & Giustizia 2010, 12, secondo cui non ha diritto al risarcimento a titolo di danno morale il vicino che vede disturbata la propria tranquillità domestica a causa dei rumori provenienti da un ristorante attiguo alla sua abitazione. Invero, affinché ricorra l'ipotesi di cui all'art. 2059 c.c. occorre, come si è visto, dimostrare la sussistenza di un fatto illecito che costituisce reato o la lesione di un valore della persona tutelato dalla Costituzione. Nella specie sottoposta all'esame della Suprema Corte, invece, il superamento della soglia per le immissioni acustiche imposta dalla l. n. 447/1995 configurava solo un illecito amministrativo e, da solo, non integrava di per sé il reato ex art. 659 c.p. («Disturbo del riposo delle persone»); né l'ipotesi risarcitoria poteva trovare fondamento nell'art. 2 Cost., atteso che il diritto alla tranquillità domestica non rientra in tale norma. In una fattispecie difforme, invece, Tar Puglia Bari, sez. III, 13 maggio 2009, n. 1139, in Publica 2009, ha rilevato, in presenza di revoca illegittima di una concessione edilizia che aveva comportato il ritardo di anni nel rilascio del certificato di abitabilità, con il rischio di demolizione e sgombero della casa di abitazione, che la precarietà della situazione abitativa in cui l'interessato era stato costretto a vivere aveva inciso negativamente sulle condizioni di esistenza e di abitazione del ricorrente e, quindi, su valori costituzionalmente protetti, ravvisando la lesione al rispetto del proprio domicilio (art. 14 Cost.) ed al diritto ad una esistenza dignitosa ex art. 2 Cost..

La lesione del diritto di domicilio

Gli ultimi due esempi analizzati già introducono il tema della risarcibilità della lesione del diritto di domicilio.

Partendo dal presupposto per cui il diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché del domicilio, è qualificabile come diritto inviolabile di rilevanza costituzionale, la giurisprudenza di merito che si è occupata del tema, ha sostenuto che alla lesione del predetto diritto consegue la risarcibilità del danno non patrimoniale (si trattava, nella specie, dei danni morali - stato di angoscia, dolore, tormento e preoccupazione - conseguenti alla vissuta perdita per ben 8 mesi della propria casa), liquidando tale voce di pregiudizio in favore di un soggetto che era stato costretto a vivere per un periodo significativo fiori dalla propria abitazione in seguito al crollo della stessa addebitabile all'altrui illecito (Trib. Milano, sent., 3 settembre 2012, n. 9733, in Foro it. 2012, 10, 2850, con nota di Palmieri).

La pronuncia merita di essere segnalata perché, dopo aver escluso che il danno in questione potesse essere ristorato come mero danno esistenziale (atteso che, per le condivise considerazioni espresse da S.U. n. 26972/2008, «di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere»), si è posto il quesito circa l'esistenza o meno, nel nostro ordinamento, di un diritto inviolabile al rispetto della propria vita privata e familiare, nonché del proprio domicilio.

Non è revocabile in dubbio che la Costituzione italiana, all'art. 14, riconosca il domicilio come “inviolabile”. Secondo parte della dottrina e della giurisprudenza, tuttavia, tale inviolabilità riguarderebbe solamente le garanzie di tutela della libertà personale dinanzi a ispezioni, perquisizioni o sequestri, questi ultimi da condursi «nei casi e modi stabiliti dalla legge».

La Corte Costituzionale, già con la sentenza C. cost., 7 aprile 1988, n. 404, collocava, invece, il diritto all'abitazione «fra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all'art. 2 Cost.». Nel solco della sentenza n. 217/1988, i Giudici costituzionali affermavano che «il diritto all'abitazione rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione (...) In breve, creare le condizioni minime di uno Stato sociale, concorrere a garantire al maggior numero di cittadini possibile un fondamentale diritto sociale, quale quello all'abitazione, …». Ed ancora, sempre la Corte Costituzionale (con la sentenza C. cost., n. 49/1987) aveva affermato «indubbiamente doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione», alla luce del «fondamentale diritto umano all'abitazione riscontrabile nell'art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (New York, 10 dicembre 1948) e nell'art. 11 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali (approvato il 16 dicembre 1966 dall'Assemblea generale della Nazioni Unite é ratificato dall'Italia il 15 settembre 1978, in seguito ad autorizzazione disposta con l. 25 ottobre 1977, n. 881)».

Più incisivamente, ricorda il tribunale meneghino, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, sancisce all'art. 8 «il diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio». La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha, in proposito, statuito nella Cgue, sent., 2 novembre 2006 (caso 59909/00) che «il domicilio è solitamente il luogo, l'area fisicamente definita, dove si sviluppa la vita privata e familiare. Il singolo ha diritto al rispetto del proprio domicilio, che include non solo il diritto all'effettivo spazio fisico, ma anche la facoltà di godimento, in piena tranquillità, di tale spazio (...) Una seria violazione può costituire lesione del diritto al rispetto della propria casa, se non permette alla persona di godere di ciò che il proprio domicilio offre (cfr. Hatton and Others v. the United Kingdom [GC], no. 36022/97, § 96, ECHR 2003-VIII)».

Tuttavia, la Cassazione (nella citata sentenza Cass., Sez. Un., n. 26972/2008) ha affermato, come si è già in precedenza anticipato, che, ai diritti predicati dalla citata Convenzione (ratificata con la l. n. 848/1955) «non spetta il rango di diritti costituzionalmente protetti, poiché la Convenzione, pur essendo dotata di una natura che la distingue dagli obblighi nascenti da altri Trattati internazionali, non assume, in forza dell'art. 11 Cost., il rango di fonte costituzionale, né può essere parificata, a tali fini, all'efficacia del diritto comunitario nell'ordinamento interno (Corte Cost. n. 348/2007)».

Da ultimo, il tribunale milanese evidenzia che la «Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea» (c.d. Carta di Nizza), nell'art. 7 sancisce il «Rispetto della vita privata e della vita familiare. Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio». Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona (il 1° dicembre 2009), questa Convenzione ha assunto la forza di Trattato costituente diritto primario dell'Unione, atteso che l'art. 6 del Trattato sull'Unione Europea dispone: «L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati». Di conseguenza, nell'ordinamento giuridico interno, la Carta di Nizza ha assunto rango costituzionale, al pari dei Trattati che, nella sentenza “Frontini”, la Corte costituzionale indicava quali capaci di limitare la sovranità legislativa nazionale in virtù dell'art. 11 Cost., a meno che non vìolino “i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, o i diritti inalienabili della persona umana” (Corte Cost., sent., n. 183/1973).

In definitiva, il tribunale ritiene che il diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché del domicilio, sia qualificabile come diritto inviolabile di rilevanza costituzionale, alla cui lesione consegue altresì il risarcimento del danno non patrimoniale.

L'approccio va condiviso, in quanto tra i casi previsti dalla legge legittimanti il risarcimento del danno non patrimoniale exartt. 2043 e 2059 c.c. rientra la violazione dei diritti costituzionali, ove per gli stessi non sia approntata tutela legale tipica. Orbene, se per la proprietà è naturalmente approntata l'ampia tutela del risarcimento del danno patrimoniale, quando nella specie risulta coinvolto un ulteriore valore costituzionale ovvero quello della inviolabilità del domicilio e della tutela della privata dimora, e cioè si perviene ad una interdizione completa dell'abitazione dovuta a colpa altrui (si pensi alla necessità di uno sgombero), appare leso un nucleo di diritti della persona di rilievo costituzionale (artt. 2,12,47 Cost.), con conseguente necessità di risarcimento del danno morale (in tal senso Trib. Genova, 7 ottobre 2010, in Il civilista 2010, 12, 15).

Fattispecie concrete in cui entra in gioco la lesione del domicilio

Gli angoli prospettici dai quali può essere visto il fenomeno della lesione del diritto di domicilio sono numerosi.

In materia tributaria, ad esempio, le irritualità nell'acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento non comportano, di per sé e in assenza di specifica previsione, la loro inutilizzabilità, salva solo l'ipotesi in cui venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio (sul tema, M. Megliani, Ispezioni domiciliari e normativa comunitaria antitrust. Una prima riflessione, in Dir. comm. internaz. 2003, 01, 0101). In quest'ottica, in un caso di accertamento IVA scaturito a seguito di accesso della Guardia di Finanze presso la sede della società non autorizzato per iscritto (in particolare, l'accesso era avvenuto presso locali destinati all'esercizio di attività commerciali, senza l'autorizzazione prevista dal D.P.R. n. 633/1972, art. 52, comma 1, al fine di riscontrare eventuali evasioni ed infrazioni alla disciplina dell'IVA), Sez. 5, Sentenza n. 4066 del 27 febbraio 2015 ha osservato che - ai sensi della l. n. 4/1929, art. 35 - la Guardia di Finanza, in quanto polizia tributaria, può sempre accedere negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche, per assicurarsi dell'adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, non necessitando, a tal fine, di autorizzazione scritta, richiesta per il diverso caso di accesso effettuato dai dipendenti civili dell'Amministrazione finanziaria (Cass. nn. 16017/2009 e 16661/2011). La Suprema Corte ha rilevato che sono, per contro, da ritenersi esclusi dal principio su esposto i casi in cui viene in discussione la tutela dei menzionati diritti fondamentali di rango costituzionale. Il che si verifica nelle ipotesi di accesso in locali adibiti anche, o esclusivamente ad abitazione, nelle quali è richiesta l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica, la cui sussistenza e ritualità condiziona la legittima acquisizione degli elementi probatori e, di conseguenza, la legittimità dell'atto impositivo emesso sulla base degli stessi (Cass. n. 19689/2004; Cass. n. 10704/2009; Cass. n. 27149/2011).

Un altro settore nel quale entra in gioco la tutela del diritto di abitazione è quello della realizzazione di fotografie all'interno di luoghi di privata dimora con mezzi tecnici invasivi, sebbene lo stesso sia border line rispetto a quello della tutela della privacy. Orbene, qualora tali mezzi (si pensi all'evenienza in cui un fotografo si sia posizionato sopra un'altura posta all'esterno della proprietà privata) siano finalizzati a superare gli ostacoli alla visibilità, si è al cospetto di una condotta punibile ai sensi dell'art. 615-bis c.p., cui conseguono l'illiceità del trattamento dei dati acquisiti e l'obbligo del responsabile di risarcire il danno non patrimoniale connesso al pregiudizio all'inviolabilità del domicilio (cfr. Cass. civ., sez. I, 22 luglio 2014, n. 16647, in Foro it. 2015, 3, 1026, con nota di Pardolesi e Baldassarre, in un giudizio che aveva tratto origine da un provvedimento del Garante della privacy che aveva inibito la pubblicazione su un noto settimanale di alcune fotografie scattate all'interno del parco di una villa, che ritraevano il proprietario in compagnia di alcuni ospiti).

Tuttavia, allorché le foto ritraggano un personaggio pubblico in momenti meramente colloquiali e di svago degli interessati, relativi ad una permanenza nella villa a fine di riposo o vacanza, va negato il risarcimento del danno derivante dall'alterazione dell'immagine e della reputazione pubblica della persona, nonché del vulnus alle relazioni familiari. In particolare, in siffatta evenienza va riconosciuta la sola esistenza di un danno non patrimoniale connesso al pregiudizio all'inviolabilità del domicilio tutelato dall'art. 14 Cost., e non anche il danno morale soggettivo e quello esistenziale conseguenti all'ampia diffusione e risonanza che le foto abbiano avuto a seguito della pubblicazione.

Ancora, è stato ravvisato il reato di violazione di domicilio nella condotta di abusiva introduzione (o abusiva permanenza) nei locali di una guardia medica fuori dell'orario ordinario di apertura al pubblico per l'assistenza sanitaria. Infatti, se nell'orario ordinario di servizio la guardia medica è aperta al pubblico, nell'orario notturno l'accesso è limitato a quelli che hanno necessità di assistenza medica e che quindi sono ammessi all'interno dei locali della stessa. Pertanto, in questo particolare contesto, l'ambiente della guardia medica costituisce un'area riservata che può assimilarsi a quella di un temporaneo privato domicilio del medico chiamato a permanere lì durante la notte per potersi attivare, ove necessario, per apprestare l'assistenza sanitaria dovuta. In applicazione di tale principio, Cass. pen., sez. III, 6 giugno 2012, n. 33518, in Guida al diritto 2012, 39, 88, ha ritenuto corretta la ravvisabilità anche di tale reato nella condotta dell'imputato che, per commettere una violenza sessuale in danno del medico di guardia, si era abusivamente introdotto con violenza, in orario notturno, nei locali della guardia medica.

Sotto un altro versante, è stato ritenuto risarcibile il danno non patrimoniale-esistenziale subito a causa della difficile situazione creatasi nella propria abitazione e nella vita quotidiana in seguito alle infiltrazioni d'acqua dal bagno soprastante di proprietà del vicino. Ne deriva, infatti, il mancato pieno godimento della propria abitazione, nonchè la lesione di valori costituzionalmente garantiti e protetti, quali il domicilio, l'esistenza dignitosa, il rispetto della vita privata. GdP Venezia, 15 dicembre 2009, n. 502, in Redazione Giuffrè 2010, ad esempio, ha riconosciuto all'attore un indennizzo per aver dovuto rivedere la propria organizzazione familiare a causa di ripetute rotture delle tubature del vicino, smontando la cabina armadio e trasferendo le due figlie nella camera matrimoniale per circa quattro mesi.

Alla stessa stregua, lo stato di malessere e disagio psicofisico derivato ad un condomino dalla presenza di altissime temperature nell'appartamento ove lo stesso risiede e imputabili al fatto illecito del condominio che trascuri per un lungo periodo di eliminarne la causa (individuata nel cattivo stato di coibentazione del sottotetto comune), è stato reputato (Trib. Milano, sez. XIII, 11 maggio 2009, n. 6256, in Arch. locazioni 2009, 6, 571) risarcibile quale danno non patrimoniale, dovendosi ritenere violato il diritto costituzionalmente garantito alla inviolabilità ed intangibilità del domicilio (inteso come diritto a vivere serenamente e senza illecite interferenze esterne la propria sfera familiare all'interno delle mura domestiche).

Come si è visto, Tar Puglia Bari, sez. III, 13 maggio 2009, n. 1139 (in Riv. giur. edilizia 2009, 4, 1593), ha riconosciuto al soggetto illegittimamente leso dall'annullamento di un permesso di costruire il diritto al risarcimento del cd. danno "esistenziale", relativo all'angoscia conseguente al non poter vivere con serenità nella casa sottoposta al continuo rischio di demolizione e sgombero, quantificabile in via equitativa ai sensi degli art. 1226 e 2056 c.c.. La precarietà della situazione abitativa in cui l'interessato era stato costretto a vivere per molti anni, a causa dell'illegittima revoca di una concessione edilizia poi annullata dal tribunale, aveva, infatti, inciso negativamente sulle condizioni di esistenza e di abitazione e quindi su valori costituzionalmente protetti, quali il rispetto del proprio domicilio (art. 14 Cost.), il diritto ad una esistenza dignitosa di cui all'art. 2 Cost. ed il rispetto della propria vita privata, pure affermato nell'art. 8 della convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo.

In questo ambito, L. Diotallevi, La giurisdizione sui diritti “fondamentali” alla luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di processo amministrativo, in Giurisprudenza Costituzionale 2015, 01, 0274, ha di recente ricordato che è tuttora consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, l'assunto secondo il quale talune situazioni giuridiche soggettive costituzionalmente garantite — i cc.dd. diritti “fondamentali” — sarebbero, di per sé, “impermeabili” ad ogni intervento autoritativo della pubblica amministrazione, con la conseguenza che — agendo, per definizione, l'amministrazione stessa, in “carenza di potere” — la giurisdizione sulle relative controversie si radicherebbe in capo all'autorità giudiziaria ordinaria (teoria cd. dell'“indegradabilità” e/o “inaffievolibilità” dei diritti “fondamentali”).

La giurisprudenza della Commissione e poi quella della Corte europea hanno delineato la nozione di domicilio ampliandone il significato ben oltre l'accezione comune del termine. Di conseguenza ciò che, ad una prima lettura dell'art. 8, appare un riferimento all'abitazione dell'individuo, è stato esteso a luoghi e locali ulteriori. Estendendo il concetto di domicilio a quello informatico, è stato evidenziato che la creazione di un programma "virus", avente l'unica funzione di introdursi e danneggiare sistemi informatici, e la sua conseguente diffusione in maniera occulta per mezzo di "mass mailing" e di un sito web, integra il reato di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. La norma, come è noto, è posta a tutela del cosiddetto domicilio informatico, inteso sia come spazio fisico in cui sono contenuti dati informatici personali, sia quale spazio ideale di pertinenza della sfera individuale e privata; la lettera della norma, tra l'altro, richiede unicamente l'abusività dell'accesso al sistema, ovvero la permanenza contro lo ius prohibendi del titolare, ma non pretende l'effettiva conoscenza, da parte dell'agente, di dati protetti (App. Bologna, sez. II, 27 marzo 2008, in Guida al diritto 2008, 49, 78, con nota di Pietrosanti; App. Bologna, sez. II, 30 gennaio 2008, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2010, 1, 447, con nota di Foti).

Va ricordato che l'oggetto della tutela del reato di cui all'art. 615-ter c.p. è costituito dal c.d. "domicilio informatico", da intendersi come spazio ideale (ma anche fisico in cui sono contenuti i dati informatici) di pertinenza della persona, il quale deve essere salvaguardato al fine di impedire non solo la violazione della riservatezza della vita privata, ma qualsiasi tipo di intrusione anche se relativa a profili economico-patrimoniali dei dati; pertanto, il suddetto reato è configurabile, in concorso formale con quello di cui all'art. 640-ter c.p., nella condotta dell'agente che, mediante la digitazione di una particolare sequenza di cifre su apparecchi telefonici collegati a linee interne di una filiale Telecom, effettui una serie di chiamate internazionali in danno della compagnia telefonica (Cassazione penale, sez. VI, 04/10/1999, n. 3065, in Foro it. 2000, II, 133; Cass. pen., Sez. Un., 27 novembre 2008, n. 3286; in dottrina, V. Spagnoletti, Art. 615 ter c.p. : il domicilio informatico tra profili dogmatici e problemi applicativi, in Giur. merito 2004, 01, 0181).

L'esplicito riferimento contenuto nella relazione al d.d.l. 26 marzo 1993, n. 2773 (che ha introdotto la nuova ipotesi di reato) all'art. 14 Cost., oltre che agli articoli del codice penale aventi ad oggetto la violazione del domicilio, tratteggia inevitabilmente un domicilio che non è più meramente riconducibile alle mura che delimitano uno spazio di riservatezza. Una completa equiparazione fra il domicilio informatico ed il domicilio ex art. 8 così come ampliato sinora dalla giurisprudenza degli organi della Convenzione non è tuttavia immediata. Non lo è innanzitutto "concettualmente", perché è di tutta evidenza che allontanarsi da una definizione di domicilio ancorata ad una fisicità espressa all'interno di uno spazio delimitato costringe ad un cambiamento di prospettiva inevitabilmente complesso. Ciò comporta la consapevolezza che la nozione convenzionale di domicilio verrebbe estesa eccessivamente se andasse di pari passo con l'avanzare dell'innovazione tecnologica (sul tema, G. Marotta, Innovazioni tecnologiche e diritto al rispetto del domicilio nella convenzione europea, in Riv. dir. internaz. 2005, 04, 1044). In sostanza, il sistema informatico in tanto può identificarsi con il domicilio in quanto attraverso di esso vengano svolte concretamente attività di carattere riservato e limitatamente alle stesse: solo in questo senso può individuarsi una comunanza fra spazio fisico e spazio virtuale. Galdieri, Teoria e pratica nell'interpretazione del reato informatico, Milano, 1997, 146 ss., non ha mancato di evidenziare come all'interno dei luoghi informatici possano svolgersi attività varie e che solo alcune di esse siano direttamente riconducibili a categorie che esprimano una qualche forma di privacy domestica; al contrario, la maggior parte di esse è espressione di interessi a prevalente natura professionale o imprenditoriale che appaiono scarsamente riconducibili alla sfera squisitamente privata e personale tutelata dall'art. 14 Cost. e dall'art. 614 c.p.. L'autore, peraltro, considera non insuperabili le obiezioni mosse alla configurabilità del concetto di "domicilio informatico", sul presupposto che, sia in ambito penale che costituzionale, ciò che si intende tutelare è, da un lato, l'inviolabilità di un luogo, proprio perché scelto dal soggetto quale sede di interessi di varia natura - a carattere materiale, morale, economico, affettivo, ecc. -; dall'altro, il complesso di interessi che, confluendo in quell'ambito spaziale, attribuiscono allo stesso rilevanza giuridica; seguendo l'impostazione tradizionale, il "domicilio informatico" dovrebbe ricevere tutela se ed in quanto ricompreso tra quei luoghi che, quali sedi naturali di determinate attività umane, debbono essere garantite dalle intromissioni altrui, al fine di garantire un sereno sviluppo della personalità.

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha sostenuto che le azioni possessorie promosse dallo Stato nei confronti di un privato per il recupero dell'uso di un bene immobile costituiscono un'ingerenza nel diritto al rispetto del domicilio di cui all'art. 8. Tali azioni appaiono giustificate quando sono previste dalla legge e mirano a proteggere il diritto dell'autorità locale sul possesso di propri beni che non spettano al privato in virtù di diritti contrattuali o di altro genere. È vero, però, che tutti coloro che rischiano di perdere il domicilio hanno il diritto di fare accertare in via giudiziaria che lo spossessamento subìto sia sproporzionato agli scopi perseguiti dallo Stato anche quando il diritto di occupazione del bene non sussista più in base al diritto nazionale. La perdita del domicilio, quale che ne sia la causa, costituisce la forma più estrema di lesione del diritto al rispetto del domicilio, sicché il difetto di un controllo giurisdizionale sulla proporzionalità della predetta misura costituisce una violazione dell'art. 8 (Cedu, sez. 4, 13 maggio 2008, n. 19009, in Guida al diritto 2008, 7).

Sempre la corte europea si è occupata di un caso in cui l'autorità giudiziaria aveva ordinato una serie di perquisizioni presso le abitazioni ed il luogo di lavoro di giornaliste della carta stampata, nell'ambito di un procedimento penale intentato contro alcuni magistrati della corte di appello di Liegi. La sentenza, sottolineando come il concetto di domicilio di cui all'art. 8 Cedu venga a ricomprendere anche i luoghi ove una persona esercita la propria attività professionale, ha individuato, nel caso di specie, l'esigenza di un'ingerenza prevista dalla legge e rivolta al fine legittimo della tutela dell'ordine, della prevenzione degli illeciti penali e della protezione e dei diritti e delle libertà altrui. Essa sarebbe, però, stata priva del carattere della proporzionalità, a causa del tenore eccessivamente generico dei provvedimenti che avevano disposto le perquisizioni de quibus. Donde, la constatazione, sotto questo profilo, di una violazione della convenzione (Cedu, 15 luglio 2003, in Legisl. pen. 2004, 130).

Casistica

Rispetto della vita privata e familiare – Diritto inviolabile di rilevanza costituzionale – Lesione – Risarcibilità del danno non patrimoniale

Posto che il diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché del domicilio, è qualificabile come diritto inviolabile di rilevanza costituzionale, alla cui lesione consegue la risarcibilità del danno non patrimoniale, tale voce di pregiudizio va liquidata in favore di chi sia stato costretto a vivere per un periodo significativo fiori dalla propria abitazione in seguito al crollo della stessa addebitabile all'altrui illecito (Trib. Milano, 3 settembre 2012, n. 9733).

Materia tributaria – Accertamento IVA - Accesso della GdF presso la sede per acquisire dati – Lesione della libertà personale o del domicilio - Sussistenza

In materia tributaria, le irritualità nell'acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento non comportano, di per sé e in assenza di specifica previsione, la loro inutilizzabilità, salva solo l'ipotesi in cui venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio. (Nella specie, Cass. civ., sez. V, 27 febbraio 2015, n. 4066, ha confermato la decisione impugnata che aveva escluso vizi procedurali dell'accertamento IVA scaturito a seguito di accesso della Guardia di Finanze presso la sede della società non autorizzato per iscritto).

Fotografie in luoghi di privata dimora – utilizzo di mezzi tecnici invasivi – Condotta punibile ex art. 615 bis c.p.

La realizzazione di fotografie all'interno di luoghi di privata dimora con mezzi tecnici invasivi, tali da superare gli ostacoli alla visibilità, integra una condotta punibile ai sensi dell'art. 615 bis c.p., cui conseguono l'illiceità del trattamento dei dati acquisiti e l'obbligo del responsabile di risarcire il danno non patrimoniale connesso al pregiudizio all'inviolabilità del domicilio (Cass. civ., sez. I, 22 luglio 2014, n. 16647).

Abusiva introduzione in locali

della guardia medica – Violazione

di domicilio – Fattispecie

È ravvisabile il reato di violazione di domicilio nella condotta di abusiva introduzione (o abusiva permanenza) nei locali di una guardia medica fuori dell'orario ordinario di apertura al pubblico per l'assistenza sanitaria. (Da queste premesse, è stata ritenuta corretta la ravvisabilità anche di tale reato nella condotta dell'imputato che, per commettere una violenza sessuale in danno del medico di guardia, si era abusivamente introdotto con violenza, in orario notturno, nei locali della guardia medica). Cass. pen., sez. III, 6 giugno 2012, n. 33518.

Illegittimo annullamento

di permesso di costruire

Lesione del rispetto

del domicilio – Configurabilità

L'illegittimo annullamento di un permesso di costruire, rendendo precaria la situazione abitativa in cui l'interessato è costretto a vivere, incide sui valori costituzionalmente protetti, ossia sul rispetto del domicilio di cui all'art. 14 Cost. e sul diritto ad un'esistenza dignitosa di cui all'art. 2 Cost., oltre che sul rispetto alla vita privata di cui all'art. 8 della Convenzione dei diritti dell'uomo. Ne deriva che al soggetto illegittimamente leso spetta il diritto al risarcimento del cd. danno "esistenziale", relativo all'angoscia conseguente al non poter vivere con serenità nella casa sottoposta al continuo rischio di demolizione e sgombero, quantificabile in via equitativa ai sensi degli art. 1226 e 2056 c.c. (Tar Puglia Bari, sez. III, 13 maggio 2009, n. 1139).

Presenza di altissime

temperature in appartamento condominiale -

Trascuratezza del condominio

nella eliminazione della causa – violazione del diritto alla inviolabilità del domicilio

Lo stato di malessere e disagio psicofisico derivato ad un condomino dalla presenza di altissime temperature nell'appartamento ove lo stesso risiede e imputabili al fatto illecito del condominio che trascuri per un lungo periodo di eliminarne la causa (individuata nel cattivo stato di coibentazione del sottotetto comune), è risarcibile quale danno non patrimoniale, dovendosi ritenere violato il diritto costituzionalmente garantito alla inviolabilità ed intangibilità del domicilio (inteso come diritto a vivere serenamente e senza illecite interferenze esterne la propria sfera familiare all'interno delle mura domestiche). Trib. Milano, sez. XIII, 11 maggio 2009, n. 6256.

Violazione del “domicilio

informatico” – Ipotesi di reato di

cui all'art. 615 ter

c.p – Fattispecie

L'oggetto della tutela del reato di cui all'art. 615-ter c.p. è costituito dal c.d. "domicilio informatico", da intendersi come spazio ideale (ma anche fisico in cui sono contenuti i dati informatici) di pertinenza della persona, il quale deve essere salvaguardato al fine di impedire non solo la violazione della riservatezza della vita privata, ma qualsiasi tipo di intrusione anche se relativa a profili economico-patrimoniali dei dati; pertanto, il suddetto reato è configurabile, in concorso formale con quello di cui all'art. 640-ter c.p., nella condotta dell'agente che, mediante la digitazione di una particolare sequenza di cifre su apparecchi telefonici collegati a linee interne di una filiale Telecom, effettui una serie di chiamate internazionali in danno della compagnia telefonica (Cass. pen., sez. VI, 4 ottobre 1999, n. 3065).

Perdita del domicilio – Difetto di

controllo giurisdizionale

sulla proporzionalità delle misure dottate dallo Stato – Lesione

del diritto al rispetto del

domicilio

La perdita del domicilio, quale che ne sia la causa, costituisce la forma più estrema di lesione del diritto al rispetto del domicilio, sicché il difetto di un controllo giurisdizionale sulla proporzionalità delle azioni possessorie esercitato dallo Stato per il recupero dell'uso di un bene immobile costituisce una violazione dell'art. 8 Cedu (Cedu, sez. IV, 13 maggio 2008, n. 19009).

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