Imposizione diretta per la caparra penitenziale
01 Giugno 2016
La caparra penitenziale, convenuta con il preliminare di compravendita, è assoggettabile ad imposizione diretta, in quanto la prestazione principale rimasta ineseguita avrebbe costituito reddito ai sensi dell'art. 67, comma 1, TUIR. Il Collegio ha così condiviso la tassabilità della caparra in quanto costituisce essa stessa il risarcimento della perdita dei proventi che avrebbero generato redditi tassabili per un soggetto privato, oltreché generare una plusvalenza ai sensi dell'art. 67 cit.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11307/2016 depositata nella giornata di ieri, ha rigettato il ricorso proposto dal contribuente che sollevava l'errore compiuto dai giudici di appello nell'aver quest'ultimi ritenuto legittima l'assoggettabilità a tassazione della caparra trattenuta dal contruibuente, a seguito di recesso della parte promissaria acquirente, poichè non rientrante in nessuna delle categorie reddituali previste dall'art. 6 del d.P.R. n. 917/1986.
I Giudici di legittimità nella loro disamina sostengono le ragioni che hanno portato i giudici di appello alla decisione: è corretto inquadrare la clausola penale nel disposto dell'art. 6, comma 2, TUIR, considerando redditi della stessa categoria "le indennità conseguite a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di diritti". Ai fini tributari devono considerarsi dunque due componenti:
Nel caso specifico quest'ultima viene considerata come reddito e pertanto assoggettata a imposizione diretta. Tutto quanto finora specificato dato che la prestazione principale è rimasta ineseguita e dato che questa avrebbe comunque costitutito reddito, la caparra incamerata dal soggetto privato genera una plusvalenza che origina quindi l'assoggettabilità ad imposizione diretta. |