Compensi dei giudici tributari: per le Sezioni Unite la giurisdizione è ordinaria
01 Giugno 2017
Con la sentenza n. 13722/2017, depositata in data 31 maggio 2017, le Sezioni Unite civili chiariscono l'esatto ambito applicativo e i reciproci limiti della giurisdizione amministrativa e ordinaria sulle controversie aventi ad oggetto il trattamento economico dei giuridici tributari.
In primis è necessario specificare che la Corte territoriale aveva ritenuto nello specifico che il trattamento economico dei giudici tributari applicati alle articolazioni regionali della Commissione tributaria centrale fosse regolato direttamente ed esaustivamente dal combinato disposto della Legge finanziaria 2008 e dall'art. 13 D.Lgs. n. 545/1992, affermando che "gli appellanti fossero titolari di un diritto soggettivo perfetto alla percezione dell'intero trattamento economico previsto per i componeneti delle Commissioni"; il che, in sostanza, giusitificava "l'ordinaria giurisdizione civile e, nel merito, il diritto all'ulteriore compenso fisso, dovendosi disapplicare il diverso precetto scaturente dal d.m. 4 marzo 2009".
Le Sezioni Unite approfittano per alcune specifiche del caso, la Legge finanziaria del 2008 aveva avuto modo di stabilire che, ai fini di una riduzione delle spese a carico dello Stato e ad una rapida definizione delle controversie pendenti presso la CTC, il numero delle sezioni fosse ridotto a 21 e situate nei capoluoghi di ogni regione. Questo dal punto di vista strutturale, i compensi invece sono stati determinati esclusivamente a norma dell'art. 13 del D.lgs. 545/1992, in particolare sancisce: "oltre al compenso mensile viene determinato un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri ricorsi, secondo criteri uniformi, che debbono tener conto delle funzioni e dell'apporto di attività di ciascuno alla trattazione della controversia, compresa la deliberazione e la redazione della sentenza [...]. Il compenso è liquidato in relazione ad ogni provvedimento emesso".
Orbene, le Sezioni Unite nel regolare il riparto della giurisdizione hanno ritenuto che, se la vertenza ha ad oggetto un atto amministrativo (es. scelta determinazione emolumenti indennitari), la determinazione non avviene in maniera automatica ma è affidata alla discrezionalità dell'autorità che ha nominato i giudici tributari (secondo questi criteri: qualità, quantità e complessità del lavoro). Dunque, tale potere può e deve essere identificato come interesse legittimo, non potendo essere configurato come una posizione di diritto soggettivo.
Alla luce di siffatta disamina i Supremi Giudici meglio chiariscono che, nelle controversie concernenti il trattamento economico dei giudici tributari, il giudice ordinario, se ritiene illegittimo un regolamento o un atto amministrativo generale rilevante ai fini della della decisione, non lo applica, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'impugnazione diretta dinanzi al giudice amministrativo laddove si vogliono censurare le operazioni deliberate dall'Amministrazione Finanziaria.
Perciò la giurisdizione ordinaria ha carattere sì pieno e ha per oggetto sia l'an che il quantum della pretesa pecuniaria. Però ciò che viene in rilievo nelle controversie concernenti il trattamento economico per l'esercizio delle funzioni di giudice tributario è il bene della vita al quale gli attori aspirano, che non è tanto l'interesse legittimo al corretto esercizio della potestà amministrativa, quanto la tutela di una pretesa pecuniaria normalmente azionabile dinanzi al giudice ordinario.
In definitiva "le controversie concernenti il trattamento economico per l'esercizio delle funzioni di cui al D.lgs. n. 545/1992 sono devolute alla competenza del giudice ordinario".
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