Classamento, escluse le superfici in concessione non di proprietà
08 Aprile 2015
Ai fini catastali, l'assoggettabilità a imposizione fiscale delle superfici occupate dal contribuente in quanto a lui concesse, ma non di sua proprietà esclusiva, è tutt'altro che scontata. Per essere affermata, occorre, innanzitutto, interpellare anche il soggetto concedente. È, in sintesi, quanto si ricava dalla sentenza depositata lo scorso 2 aprile, n. 6732, dalla Sezione Tributaria Civile di Cassazione.
I fatti di causa La società contribuente riceveva l'avviso con cui veniva aumentata la rendita catastale, proposta con la DOCFA, in virtù dell'inclusione nel calcolo delle superfici di una strada consortile e di una roggia di proprietà pubblica, oggetto di concessione a titolo oneroso da parte del Comune. Proposto ricorso verso l'atto dell'Amministrazione, la società vedeva negate le sue ragioni sia in primo sia in secondo grado, ove i giudici legittimavano il riclassamento così computato.
La decisione della Corte Giunti in Cassazione, la Suprema Corte ha duramente censurato l'errore commesso dai Giudici tributari e consistito nell'aver confuso la soggezione a imposta del concessionario, in riferimento ad un bene ottenuto in concessione dal demanio, con la computabilità del bene demaniale stesso nell'estensione del lotto da classare. Più precisamente, i Giudici di merito non consideravano che, secondo i principi della normativa sul catasto, il provvedimento di classamento, che culmina con l'attribuzione della rendita, è un atto tributario che inerisce al bene oggetto “secondo un'angolazione prospettica di carattere reale, tanto da richieder la necessaria presenza nel giudizio … di tutti i comproprietari”. |