Estinzione società: le norme del Decreto Semplificazioni non sono retroattive
07 Aprile 2015
Il differimento quinquennale, operante nei soli confronti dell'Amministrazione e degli altri enti creditori o di riscossione, con riguardo a tributi o contributi, degli effetti dell'estinzione della società, previsto dal Decreto Semplificazioni, “si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese … sia presentata nella vigenza di detto decreto (cioè il 13 dicembre 2014 o successivamente)”. In altre parole, la novità legislativa non ha effetto retroattivo e, dunque, non si applica alle società che hanno richiesto la cancellazione prima del 13 dicembre 2014. È solo uno dei chiarimenti forniti dalla Cassazione,con la sentenza del 2 aprile scorso, n. 6743, sul contenuto della disposizione di cui al comma 4 dell'art. 28 del D.Lgs. n. 175/2014, con cui la Corte assume posizioni contrarie a quelle dell'Amministrazione, ferma nel ritenere l'applicabilità retroattiva della norma anche per le attività di controllo fiscale riferite a società che hanno chiesto la cancellazione dal Registro delle Imprese, o già cancellate, prima della data di entrata in vigore del decreto (così viene specificato nella Circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014 e ribadito nella n. 6/E del 19 febbraio 2015). Di seguito un elenco completo di tutte le precisazioni fatte dai Supremi Giudici, in sede di giudizio di una controversia sulla capacità di stare in giudizio di una società estinta nel 2002 (e, dunque, sicuramente non ricadente nel dettato delle nuove disposizioni).
Il testo del comma 4 dell'art. 28 del D.Lgs. 175/2014 La norma recita “ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società di cui all'art. 2495 del c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle Imprese”.
Estensione alle società di persone Come specificato dai Supremi Giudici, il richiamo all'art. 2495 c.c., non limita la portata della norma alle sole società di capitali, potendosi estendere anche a quelle di persone, sulla base delle sistematiche considerazioni del necessario parallelismo, in tema di estinzione, tra società di capitali e di persone.
I cinque anni decorrono dalla cancellazione Nella sentenza, viene “sottolineato” che il differimento degli effetti dell'estinzione “non opera necessariamente per un quinquennio, ma per l'eventuale minor periodo che risulta al netto dello scarto temporale tra la richiesta di cancellazione e l'estinzione”. Espressione con cui, parrebbe volersi dire, che i cinque anni decorrano dalla richiesta di cancellazione e non dall'estinzione.
Dubbi in caso di cancellazione non su richiesta Dal testo della norma, evidenzia la Cassazione, dovrebbero essere escluse dall'applicazione tutte le cancellazioni disposte non “su richiesta” ma d'Ufficio, come il caso dell'art. 2490 c.c. per le società di capitali (cancellazione d'ufficio in caso di mancato deposito per tre anni consecutivi del bilancio di liquidazione).
Profili di incostituzionalità: dalla disparità di trattamento all'eccesso di delega Per gli Ermellini, sussistono dubbi di costituzionalità della norma sotto due aspetti: la disparità di trattamento tra “gli enti creditori” indicati dalla norma e “tutti gli altri creditori sociali” (art. 3 Cost.), oltre al possibile eccesso di delega dovuto, da una parte, dalla citata sospetta ineguaglianza, dall'altro dalla difficoltà a “far rientrare la notificazione di un atto impositivo o di riscossione ad una società estinta tra gli <<adempimenti superflui>>, passibili di <<revisione>> e di eliminazione” menzionati dalla legge delega. |