Associazioni, la prova degli avanzi di gestione nelle dichiarazioni della vicepresidente
31 Marzo 2015
“Si, vengono conseguiti avanzi, riversati su un libretto a risparmio”. Queste parole, pronunciate dal legale rappresentante dell'associazione, durante una verifica fiscale, fanno sì che la prova della natura commerciale dell'ente sia raggiunta. Senza nessun ulteriore onere probatorio a carico dell'Amministrazione, tenuta a non fare più nulla per dimostrare la fondatezza del conseguente avviso emesso per recuperare a tassazione il maggior reddito. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza del 25 marzo scorso, n. 5931, espressasi appunto sull'utilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede extraprocessuale dal legale rappresentante dell'ente.
I fatti di causa: alle dichiarazioni non seguivano elementi contrari Nel caso di specie, a “inchiodare” l'associazione, oltre alla menzionata dichiarazione resa dalla vicepresidente, la totale mancanza di elementi di fatto di segno contrario: oltre a non venire esibito il libretto ai verbalizzanti, la vicepresidente non ne precisava neppure l'intestazione. Tutti elementi che, per gli Ermellini, non hanno fatto altro che creare un'incertezza sul piano probatorio che si è risolta in danno della parte su cui incombeva l'onere della prova, ovvero sia l'Associazione, alla quale “la dichiarante appartiene”.
Valore di confessione, o quanto meno di indizi Per la Corte la dichiarazione fa “piena prova”, dovendogli riconoscere “valore di confessione”. Ed anche a negarglielo, per difetto della legittimazione della vicepresidente ex art. 2731 c.c., per gli Ermellini, non potrebbe comunque essere esclusa l'utilizzabilità delle dichiarazioni, “quanto meno quale elemento indiziario e presuntivo” che può formare il convincimento del Giudice. |