Amministratore per 28 giorni, condannato per bancarotta documentale e patrimoniale

La Redazione
25 Marzo 2015

La durata lampo dell'incarico non ha la forza di scriminare i reati: anche chi dirige una società per meno di un mese, risponde degli illeciti consumati durante la carica, non potendo rilevare la sua “inconsapevolezza”. È quanto si ricava dalla sentenza di Cassazione n. 12184/2015.

Per sfuggire alla condanna di bancarotta fraudolenta, l'amministratore che ha ricoperto l'incarico per pochi giorni, prima che fosse dichiarato il fallimento della società, deve dimostrare di aver fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per attuare una “efficace vigilanza” e un “rigoroso controllo”, senza possibilità di “barricarsi” dietro generiche giustificazioni di “inconsapevolezza”.

Con queste parole, contenute nella sentenza del 23 marzo, n. 12184, la Cassazione chiude la vicenda dell'amministratore che, per 28 giorni di carica, è ora condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.

Brevità dell'incarico e conseguente inconsapevolezza non giustificano

Nessun rilievo può essere attribuito, per i Supremi Giudici, alle circostanze addotte dall'imputato circa l'omessa esibizione dei libri contabili, giustificata dalla mancanza di tempo a disposizione per acquisire la documentazione e per rendersi conto della reale e concreta situazione economica della società. Né possono trovare giustificazione i fatti integranti la bancarotta patrimoniale: tutt'altro che azioni incaute, come definite dall'imputato, per gli Ermellini, gli deve essere attribuito il mancato rinvenimento delle rimanenze indicate a bilancio a chiusura d'esercizio, sebbene fosse diventato amministratore solo successivamente a tale data.

Il principio espresso dalla Corte: la vigilanza include il dovere di dotarsi di un'idonea organizzazione

Come chiarito dalla Corte, nel caso in cui l'amministratore non possa personalmente controllare e vigilare tutte le attività della società, ha il dovere di dotarsi di un'organizzazione “che sia idonea non solo al raggiungimento degli scopi sociali, ma anche ad impedire … atti di pregiudizio nei confronti dei soci, dei creditori e dei terzi”. Ovvero, per l'imputabilità soggettiva del reato, non rilevano i concetti (“non facilmente verificabili”) di conoscibilità e consapevolezza delle attività illecite commesse da altri, ma solo la violazione di un preciso dovere, quello di darsi un'organizzazione idonea a prevenire gli atti pregiudizievoli. In tale contesto, per andare esenti da condanna, occorre dimostrare di aver fatto tutto il possibile in questa direzione.

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