Diffida accertativa emessa nei confronti di società fallita: non ci può essere la validazione

La Redazione
24 Marzo 2015

Il presupposto fondamentale per l'emissione del provvedimento di diffida accertativa è che il credito vantato dal lavoratore sia certo, liquido ed esigibile. Il Ministero del Lavoro chiarisce che qualora ci si trovi di fronte ad una società fallita, non vi può essere la validazione della diffida in quanto manca il requisito del titolo esecutivo.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con una recente Nota (prot. n. 4684 del 19 marzo 2015), ha fornito al personale ispettivo alcune indicazioni in materia di diffida accertativa.

Il Legislatore, ex art. 12 D.Lgs. n. 124/2004, contempla infatti l'ipotesi in cui il datore di lavoro venga diffidato alla corresponsione al prestatore di lavoro degli importi risultanti dall'accertamento: si tratta di importi la cui debenza, a seguito di ispezione, risulti certa nell'an e nel quantum.

Ma il punto centrale esaminato dalla Nota in oggetto è il carattere di titolo esecutivo che possa essere assunto dalla diffida accertativa. Risulta necessario che ne possieda tutti i requisiti previsti dall'art. 474 c.p.c.: la certezza, la liquidità e l'esigibilità.

Il credito derivante da diffide emesse nei confronti di una società fallita pur potendo avere i requisiti di certezza e liquidità, “certamente non recherebbe il requisito dell'esigibilità, atteso che l'art. 51 della Legge Fallimentare precluderebbe al lavoratore di poter intraprendere un'azione esecutiva in forza di quel titolo”. Da qui, in definitiva, la preclusione di procedere a validazione in presenza di diffida accertativa emessa nei confronti di una società fallita.

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