Imposte pagate all’estero, con il ravvedimento non si perde il credito

La Redazione
06 Marzo 2015

Con la Circolare n. 9/E, di ieri, l'Agenzia delle Entrate ha fornito una guida analitica e completa sul credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero. Chiariti i presupposti per l'applicabilità, i calcoli per la determinazione, le casistiche e le problematiche più ricorrenti. Per imprese e stabili organizzazioni il pericolo della doppia imposizione è sempre meno probabile.

Settantanove pagine zeppe di chiarimenti, approfondimenti ed esempi pratici per dare certezze sul credito d'imposta per i redditi pagati all'estero (art. 165 T.U.I.R.) ed evitare i casi di doppia imposizione. Un vero e proprio “vademecum”, così la definisce la stessa Agenzia, la Circolare n. 9/E di ieri, 5 marzo. Vi evidenziamo alcune delle questioni più rilevanti.

Omessa dichiarazione dei redditi prodotti all'estero

Tale ipotesi, in cui non è possibile detrarre le imposte pagate all'estero ai sensi del comma 8, art. 165 T.U.I.R., ricorre quando nella dichiarazione presentata in Italia non risulti indicato un reddito estero derivante "dalla medesima fonte produttiva e appartenente alla medesima categoria reddituale". Come chiarito dall'Agenzia, si esula dal campo di applicazione del citato comma 8 nel caso di un soggetto residente che "abbia parzialmente dichiarato il reddito di impresa prodotto da una propria stabile organizzazione all'estero". Mediante la generale possibilità di integrare la dichiarazione per correggere errori od omissioni (art. 2, comma 8, D.P.R. n. 322/98), il contribuente può dichiarare il reddito estero non indicato nella dichiarazione originaria, in tal modo sanando la violazione, ma soprattutto aprendosi la strada alla detrazione delle imposte pagate all'estero. Grazie poi alle modifiche operate dalla Legge di Stabilità 2015 al citato comma 8, in caso di presentazione di dichiarazione integrativa a sfavore, resta ferma l'applicazione dell'istituto del (nuovo) ravvedimento, che consente l'accesso alle riduzioni anche se è già decorso il termine di presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello della violazione e anche se sono in corso eventuali attività di controllo; in questo modo sarà quindi possibile beneficiare del credito sull'imposta pagata all'estero.

Utili distribuiti da entità estere trasparenti

Per il socio, il dividendo fiscalmente rilevante in Italia è da quantificare al netto delle imposte pagate, in via definitiva, sul reddito che gli è stato imputato per trasparenza dalla società estera nella medesima annualità. Nell'ipotesi in cui il dividendo rappresenti solo una quota dell'utile, perché non è stato distribuito tutto il risultato d'esercizio, le imposte vanno ridotte proporzionalmente all'utile effettivamente distribuito. Onere del socio sarà quello di dimostrare quale sia l'annualità di formazione dell'utile, altrimenti si riterranno distribuiti, in via prioritaria, gli utili più recenti.

Stabile organizzazione all'estero con periodo d'imposta non coincidente con quello di casa madre italiana

In tale ipotesi il problema fondamentale è dato dal fatto che il reddito di fonte estera su cui sono calcolate le imposte dovute in Italia non coincide con il reddito su cui sono calcolate le imposte estere, esulando così dai casi di spettanza del credito previsti dal menzionato art. 165 che prescrive la coincidenza tra i due redditi. Per ovviare a tale problema occorre determinare il carico fiscale effettivamente gravante sulle singole frazioni dei diversi periodi esteri che sono confluite nel risultato di esercizio della casa madre. A tal fine, chiariscono le Entrate, bisogna ripartire le imposte estere gravanti sul reddito complessivo della stabile organizzazione in proporzione ai ricavi contabilizzati nelle due frazioni del medesimo esercizio che rilevano, a loro volta, temporalmente in due diversi esercizi della casa madre. Come specificato nella Circolare, se al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi da parte dell'impresa residente, le imposte estere gravanti sulla frazione del periodo di imposta che confluisce nell'imponibile della casa madre, siano state liquidate ma non ancora definitivamente versate, non è precluso al contribuente l'utilizzo del relativo credito, stante quanto stabilito dall'art. 165, comma 5, del T.U.I.R. (“la detrazione può essere calcolata dall'imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d'imposta successivo”.)

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