Dichiarazioni di terzi a favore del contribuente, si possono utilizzare

La Redazione
03 Marzo 2015

Con la sentenza n. 4122/2015 la Corte di Cassazione ammette la possibilità per il contribuente di introdurre in giudizio le dichiarazioni extraprocessuali rese dal terzo a suo favore. Amministrazione e contribuente devono disporre delle stesse armi per potersi difendere.

L'idea che le dichiarazioni del terzo a favore del contribuente, rese a quest'ultimo o al suo difensore al di fuori del processo, non abbiano alcun valore probatorio, è superata: per la Corte di Cassazione sono validamente e legittimamente utilizzabili. Unico limite, quello che non siano la sola prova su cui si fonda la decisione del Giudice.

Questa la (ottima) notizia che giunge dalla sentenza depositata lo scorso 27 febbraio, n. 4122, dalla Sesta Sezione Civile. Proprio così, con la menzionata pronuncia i Supremi Giudici hanno, infatti, annullato la sentenza di merito che negava potesse essere riconosciuto alcun rilievo a tali dichiarazioni e riconosciuto il diritto della contribuente a provare, tramite le stesse, di aver ricevuto dai familiari una somma investita nella propria società.

Per decidere, i Giudici di Piazza Cavour, pur riconoscendo il divieto di ammissione della prova testimoniale nel giudizio tributario, hanno posto al centro della questione il principio della parità delle armi processuali. Tale incontestabile garanzia, unita a quella del giusto processo (art. 111 Cost.) e al principio dell'effettività del diritto di difesa, impone di riconoscere al contribuente, “così come riconosciuto all'Amministrazione, il potere di introdurre dichiarazioni rese da terzi in sede extra-processuale, con il valore probatorio di “elementi indiziari che possono concorrere a formare il convincimento del Giudice”, pur non essendo idonei a costituire da soli il fondamento della decisione.

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