Assunzione di lavoratori "svantaggiati": il credito d'imposta è aiuto di Stato

La Redazione
02 Novembre 2015

La Suprema Corte, con sentenza del 23 ottobre, n. 21594, riconosce al credito d'imposta per incremento occupazionale di lavoratori svantaggiati ex art. 7, c. 10, L. 388/2000, la natura di aiuto di Stato. Ne discende che esso soggiace alla regola de minimis.

Con sentenza depositata in data 23 ottobre 2015, n. 21594, la Suprema Corte ha riconosciuto la natura di aiuto di Stato al credito d'imposta concesso per incremento occupazionale di lavoratori svantaggiati ai sensi dell'art. 7, c. 10, L. 388/2000.

Così pronunciandosi, la Sezione tributaria ha respinto il ricorso del contribuente società cooperativa a.r.l. avverso il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione formatosi con riferimento all'istanza di recupero del credito d'imposta. Il ricorrente, contraddicendo le pronunce dei giudici merito, lamentava l'inapplicabilità della regola de minimis e del limite massimo quantitativo relativo alla concessione del credito, sostenendo che il Regolamento CE 12 dicembre 2002, n. 2204 escludesse qualsiasi limite in caso di assunzione di lavoratori svantaggiati.

Di avviso contrario i giudici della Cassazione, che affermano che “l'incentivo accordato per incremento occupazionale ha senza alcun dubbio significativi riflessi sul bilancio dell'impresa e quindi non può negarsi la natura sostanziale di aiuto di Stato”.

Il quadro normativo, del resto, rivela che il legislatore nazionale, nel legittimo esercizio dei propri poteri discrezionali, ha inteso riconoscere il beneficio dell'ulteriore credito d'imposta in misura limitata e non in rapporto al numero di lavoratori. In tale prospettiva ha fatto proprio il criterio comunitario c.d. de minimis, che fissa – nell'importo di € 100.000 nel triennio – il limite quantitativo al di sotto del quale gli aiuti di Stato non incorrono nel divieto di cui all'art. 92 (poi 87), Trattato CE.

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