Imposta di registro anche per le ONLUS
02 Gennaio 2017
Con la sentenza n. 27331/2016 i Giudici della Corte hanno statuito in tema di imposta di registro dovuta da una società ONLUS. La vicenda nasceva da un mancato versamento dell'imposta menzionata, sul presupposto che, la stessa non fosse dovuta in ragione di una pretesa esenzione, quale ONLUS, che sarebbe prevista dal combinato disposto degli artt. 17, D.Lgs. n. 460/1997 e 10 d.P.R. n. 115/2002 e 27-bis d.P.R. n. 642/1972. Tuttavia il contributo veniva successivamente richiesto dai competenti uffici con avviso di regolarizzazione in base all'accertamento che il ricorso in questione aveva ad oggetto un atto di esclusione della società ricorrente da una gara ad evidenza pubblica e rientrava dunque nelle ipotesi previste dall'art. 23-bis della L. n. 1034/1971.
Dopo la pronuncia di secondo grado che confermava la linea difensiva presa dalla società ricorrente, l'Amministrazione soccombente decide di proporre ricorso in Cassazione. La società ONLUS invece resiste con controricorso sollevando inoltre questione di illegittimità costituzionale dell'art. 27-bis cit., nella parte in cui non specifica che gli atti esenti dal bollo sono anche gli atti processuali e/o giudiziari delle ONLUS, così come viene posta la questione di illegitimità anche dell'art. 10 del d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui non prevede e non estende l'esenzione dal contributo unificato agli atti processuali e/o giurisdizionali e/o giudiziari delle ONLUS. I Giudici della Corte ritengono consono dare seguito ad un orientamento già espresso in precedenza secondo il quale «il termine atti di cui all'art. 27-bis del d.P.R. n. 642/1972, che prevede specifiche esenzioni dall'imposta di bollo in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) ed ha riguardo ad "atti, documenti, istanze e contratti", dev'essere interpretato riduttivamente, con riferimento cioè ai soli atti amministrativi e non anche a quelli processuali» (cfr. Cass. civ., n. 21522/2013). L'interpretazione restrittiva è la linea che si vuole dunque adottare, infatti sempre i Giudici di legittimità con pronuncia n. 18396/2015 hanno statuito che «in materia di ONLUS, l'art. 10, comma 5, del D.Lgs. n. 460/1997 deve essere interpretato restrittivamente, trattandosi di previsione relativa ad agevolazioni tributarie, sicché le "attività direttamente connesse a quelle istituzionali", a cui fa riferimento, vanno identificate con le sole attività oggettivamente e strumentalmente funzionali al migliore e più efficace espletamento di quelle istituzionali, con cui il fine solidaristico può essere compatibile la previsione di un corrispettivo, purché non emerga, in tal modo, il perseguimento di un fine di lucro attraverso la distribuzione degli utili».
Dopo aver ritenuto inammissibile la questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla controricorrente, dalla Corte si segue un iter logico-giuridico che riprende la pronuncia della Corte Costituzionale (n. 91/2015): si specifica che "la previsione del contributo non comporta alcuna discriminazione ai danni dei soggetti che decidano di far valere le proprie ragioni tramite l'associazione di categoria, in quanto essi non verrebbero a essere gravati di maggiori oneri economici"; "tale contributo è imposto indistintamente, quanto alla sua forma e al suo importo, nei confronti di tutti gli amministrati che intendano proporre ricorso avverso una decisione adottata dalle amministrazioni aggiudicatrici" (vedi Corte di Giustizia causa n. C-61/2014 del 6 ottobre 2015).
Alla luce di quanto su esposto concludono dalla Suprema Corte che le società ONLUS sono soggette al versamento dell'imposta di registro.
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