Responsabilità del professionista ed esimente dall'applicazione delle sanzioni
03 Febbraio 2017
Secondo il dettato dell'art. 6 del D.Lgs. n. 472/1997 “il contribuente, il sostituto e il responsabile d'imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all'autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”. La Corte di Cassazione ha infatti avuto modo di affermare che non deve essere sanzionato il contribuente che abbia commesso violazioni imputabili al professionista che non ha adempiuto al mandato specifico che gli è stato conferito, anche in mancanza di una sentenza penale definitiva a carico dello stesso professionista: Corte di Cassazione, sezione TRI civile, 20 dicembre 2012, n. 23601 “in sintonia con quanto già affermato da questa Corte con sent. 17578/02 (in cui addirittura la Corte ammette la ripetizione degli importi comunque versati, ndr) va rilevato, che la previsione dell'articolo unico Legge n. 423 del 1995, opera esclusivamente sul piano della riscossione, fissando le condizioni alle quali, in presenza di violazioni esclusivamente riferibili alla condotta penalmente rilevante dei professionisti ivi indicati, può disporsi la sospensione della riscossione delle soprattasse e delle pene pecuniarie a carico del contribuente nonché la commutazione del ruolo in capo ai professionisti. Pertanto, la norma non osta a che, in sede contenziosa, la non punibilità del contribuente presupponga esclusivamente la convincente dimostrazione del fatto che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto addebitabile esclusivamente al professionista denunciato all'autorità giudiziaria, indipendentemente dalla ricorrenza delle ulteriori condizioni previste dalla Legge n. 423 del 1995, art. 1, per la sospensione del ruolo a carico del contribuente (istanza del contribuente e correlativa procedura) e la sua commutazione in capo al professionista responsabile della violazione (giudicato penale a carico del professionista) Cass. civ., sez. trib., n. 25136 del 30 novembre 2009; Cass. civ., sez. trib., 20 dicembre 2007, n. 26850”.
Si chiede se il vizio di cui sopra è soggetto a definitività e quindi possa esser fatto valere solo con l'opposizione alla cartella entro 60 giorni o sia comunque un vizio (e io sarei per questa seconda opzione) che contravvenendo a norma imperativa (essendo norma riguardante il generale e costituzionalmente garantito principio della responsabilità) sia rilevabile sempre anche in sede di opposizione al pignoramento.
Si concorda con la soluzione prospettata dal lettore e, dunque, con l'irrilevanza del decorso del termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, previsto dalla normativa sul processo tributario, ai fini della possibilità di far valere, in giudizio, la responsabilità del professionista e, con essa, l'esimente dall'applicazione delle sanzioni, prevista dall'art. 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Pertanto, la ricorrenza delle condizioni di non punibilità previste da tale norma può essere rilevata, non solo, in sede di ricorso avverso la cartella di pagamento, contenente l'iscrizione a ruolo - a carico del contribuente truffato - delle imposte, interessi e sanzioni derivanti dalla condotta illecita del professionista, ma anche in sede del successivo, eventuale giudizio avverso il conseguente atto di pignoramento; del resto, la disposizione contenuta nell'art. 6 non è norma di carattere processuale (per cui, in teoria, potrebbe essere fatta valere anche in sede di autotutela, proprio a tutela del principio della personalità della responsabilità penale, menzionato dal lettore) e, in ogni caso, non individua alcuno specifico processo all'interno del quale farla valere (che, pertanto, può essere sia quello avente ad oggetto l'impugnazione della cartella, che quello relativo all'opposizione al pignoramento).
La spiegazione sta nel fatto che la richiesta di disapplicazione delle sanzioni non costituisce un vizio proprio dell'atto, ossia un vizio - di legittimità o di merito - che attenga all'attività interna dell'ente impositore (che forma il ruolo), o a quella dell'agente della riscossione (che provvede alla stampa e alla notifica della cartella); che, in quanto tale, dev'essere sollevato, a pena di decadenza, all'atto di proposizione del ricorso davanti al giudice tributario. La richiesta di disapplicazione delle sanzioni per responsabilità del professionista, infatti, esula sia dalla fase meramente accertativa, o liquidatoria, di formazione del ruolo, sia da quella notificatoria, ponendosi su un profilo extra-processuale; ciò non toglie, naturalmente, che il contribuente possa invocare l'esimente prevista dalla norma anche in sede di ricorso avverso la cartella di pagamento, chiamando il giudice tributario a pronunciarvisi.
Concordemente con la soluzione prospettata dal lettore, dunque, si ritiene che l'applicabilità della disposizione non sia soggetta al decorso del termine di decadenza per la proposizione del ricorso avverso la cartella di pagamento, ma possa essere fatta valere anche oltre e, pertanto, anche in sede di opposizione agli atti esecutivi.
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