Deroga al segreto professionale: l'autorizzazione non è autonomamente impugnabile dinanzi al GT
03 Maggio 2016
In sede di verifiche fiscali, l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica all'esame di documenti coperti dal segreto professionale non rientra tra gli atti autonomamente impugnabili dinanzi al giudice tributario ex art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, con la conseguenza che gli eventuali vizi di tale atto possono essere fatti valere dinanzi al giudice tributario soltanto in caso di impugnazione del provvedimento che conclude l'iter di accertamento. Qualora, invece, il procedimento di verifica fiscale non si sia concluso con un provvedimento impositivo ovvero tale provvedimento non sia stato impugnato dal contribuente, in relazione all'eventuale illegittimità dell'autorizzazione in parola è comunque assicurata la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario, con la possibilità, ricorrendone i presupposti, di agire anche in via cautelare. È quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia n. 8587 del 2 maggio 2016.
Il caso. Nel corso di una verifica fiscale presso uno studio legale venivano esaminati, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, documenti rispetto ai quali era stato opposto il segreto professionale. L'autorizzazione veniva impugnata dinanzi al TAR, che, con sentenza confermata dal C.d.S., declinava la propria giurisdizione. Proposta impugnazione dinanzi alle Sezioni Unite della Cassazione, la pronuncia veniva confermata, reputandosi, dunque, sussistente, in relazione alla controversia in esame, la giurisdizione del giudice tributario. La CTP successivamente adita accoglieva parzialmente il ricorso, annullando il provvedimento di autorizzazione e respingendo la domanda risarcitoria. La pronuncia veniva, però, riformata dalla C.T.R., che dichiarava l'improponibilità del ricorso sul presupposto che, nella specie, il provvedimento conclusivo del procedimento di verifica fiscale a carico dello studio non era stato oggetto di impugnazione e che l'autorizzazione in questione non potesse essere ricompresa tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario alla stregua dell'art. 19 cit. Lo studio associato si rivolgeva, quindi, alla Corte di Cassazione.
La giurisdizione tributaria sugli atti del procedimento accertativo. I ricorrenti sostengono che la decisione impugnata abbia offerto una lettura errata della sentenza delle Sezioni Unite, le quali avrebbero statuito che, nella specie, l'impugnativa immediata e diretta del provvedimento di autorizzazione rientrasse nella giurisdizione esclusiva del giudice tributario, precisando solo in via incidentale che la giurisdizione apparterrebbe al giudice ordinario ove venisse lamentata la lesione di un diritto soggettivo derivante da un'attività di verifica fiscale posta in essere al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. I ricorrenti ritengono, pertanto, che l'autorizzazione in parola debba considerarsi sempre impugnabile dinanzi al giudice tributario. Nel respingere il motivo di ricorso, le Sezioni Unite richiamano il consolidato orientamento in materia, in virtù del quale la giurisdizione del giudice tributario ha carattere pieno ed esclusivo e si estende, non solo all'impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del relativo procedimento, ivi compresa l'autorizzazione di cui si discute. Ciò in virtù del fatto che l'eventuale giudizio negativo in ordine alla legittimità su di un atto istruttorio prodromico può determinare la caducazione, per illegittimità derivata, dell'atto “finale” impugnato, con la conseguenza che gli eventuali vizi di atti istruttori prodromici possono essere fatti valere dinanzi al giudice tributario soltanto in caso di impugnazione del provvedimento che conclude l'iter di accertamento.
L'autorizzazione non è autonomamente impugnabile dinanzi giudice tributario. Qualora, invece, l'attività di accertamento non sfoci in un atto impositivo ovvero tale atto, come nella specie, non sia fatto oggetto di impugnazione, l'autorizzazione in questione, siccome in ipotesi lesiva del diritto soggettivo del contribuente a non subire verifiche fiscali al di fuori dei casi previsti dalla legge, è autonomamente impugnabile dinanzi al solo giudice ordinario. Sulla scorta di tali rilievi, le Sezioni Unite reputano corretta la decisione dei giudici della CTR, i quali non hanno declinato la giurisdizione loro attribuita, ma l'hanno esercitata dichiarando l'improponibilità dei ricorsi. È stata, dunque, correttamente esclusa – nel caso di specie – la proponibilità dei ricorsi avverso l'autorizzazione in questione, non essendo stato impugnato l'atto tributario conclusivo del procedimento di verifica nel quale è intervenuta l'autorizzazione suddetta. Ugualmente corretta è l'affermazione dei giudici di merito in virtù della quale l'assenza dell'imprescindibile correlazione con l'atto conclusivo del procedimento di accertamento possa indurre a sussumere l'autorizzazione in questione al novero degli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario alla stregua dell'art. 19. Tale elencazione, seppur suscettibile di interpretazione estensiva, si riferisce in ogni caso sempre ad atti dell'A.F. che portino a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria o comunque costituiscano espressione del potere impositivo.
La tutela dinanzi al giudice ordinario. Invero, la statuizione di improponibilità del ricorso non crea un vuoto di tutela, posto che, qualora il procedimento di verifica fiscale non si sia concluso con un provvedimento impositivo ovvero tale provvedimento non sia stato impugnato dal contribuente, in relazione all'atto “procedimentale” è comunque assicurata la tutela giurisdizionale dinanzi al giudice ordinario, con la possibilità, ricorrendone i presupposti, di agire anche in via cautelarel'eventuale illegittimità del provvedimento adottato dal Procuratore della Repubblica non lede un semplice interesse legittimo ma integra (se effettivamente sussistente) sempre la lesione di un diritto soggettivo del contribuente nei cui confronti viene eseguita la verifica, perché solo quel provvedimento rende legittimo l'esercizio dell'azione accertatrice e fa sorgere, a carico del contribuente-professionista sottoposto a verifica, l'obbligo di soggiacere a detta azione anche in ordine ai documenti secretati nonché di fare quanto eventualmente le norme gli impongano per consentire agli inquirenti di svolgere appieno la propria attività. |