Presunzioni "supersemplici" in caso di omessa dichiarazione
03 Agosto 2017
«Nel caso d'omessa dichiarazione da parte del contribuente, l'Amministrazione finanziaria […] può ricorrere a presunzioni cosiddette supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente». Così i giudici della Corte di Cassazione con l'ordinanza depositata il 21 luglio 2017 n. 18077, con la quale hanno accolto il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate cassando la precedente sentenza della CTR favorevole ad un contribuente.
In breve, i giudici di merito avevano affermato che l'Ufficio aveva l'onere di prova, dovendo produrre i documenti che accertassero che il contribuente avesse effettivamente espletato attività corrispondente a quella per la quale era stato iscritto alla Camera di Commercio. Il Fisco ribatteva, invece, che era in suo potere ricostruire induttivamente il reddito in base ai dati in suo possesso, costituiti dai ricavi dichiarati nell'anno precedente.
La Cassazione accoglieva questa tesi, affermando che la Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente ritenuto che nel caso in esame gravasse sull'Ufficio la prova dello svolgimento dell'attività da parte del contribuente, «laddove, a fronte dell'utilizzo da parte dell'Ufficio, in conformità alle presunzioni consentite, dei dati rilevabili dall'epoca della cancellazione dal registro della Camera di Commercio e dal reddito prodotto nell'anno precedente, l'onere probatorio in ordine all'effettivo mancato espletamento dell'attività ricadeva sul contribuente». |