Niente transfer pricing se la vendita sottocosto alla collegata è praticata anche a terzi

La Redazione
04 Gennaio 2017

I Giudici della Corte, con sentenza n. 26545/2016, hanno statuito che non è previsto il transfer pricing per la vendita sottocosto alla collegata, qualora sia praticata anche a terzi. L'Amministrazione è onerata di provare lo scostamento almeno apparente tra il corrispettivo pattuito e il valore normale.

Niente transfer pricing per la vendita sottocosto alla collegata, qualora sia praticata anche a terzi. Lo specifica la Corte di Cassazione con la sentenza del 21 dicembre 2016, n. 26545.

Il caso esaminato dai Giudici di legittimità riguardava una società italiana che aveva stipulato un contratto di agenzia con la controllante (che risiedeva a San Marino) erogando provvigioni per la vendita alla stessa. Le Entrate spiccavano tre avvisi di accertamento per diverse riprese fiscali su tre diverse annualità, e il giudice territoriale annullava la ripresa per provvigioni passive e costi di incentivazione, confermandone solo una, quella per illegittima detrazione IVA. Le Entrate ricorrevano in Cassazione, dolendosi del fatto che il giudice di appello non avesse riconosciuto gli estremi fattuali e giuridici del transfer pricing.

I motivi addotti dall'Agenzia sono stati rigettati dalla Suprema Corte. Infatti, già il Giudice di appello aveva sottolineato come le vendite dalla S.p.a. alla controllante fossero avvenute per un prezzo medio analogo a quello praticato ai terzi, cosa che escludeva la configurabilità del transfer pricing, anche perché tali vendite hanno per sempre incrementato il fatturato della venditrice-preponente.

La motivazione del giudice di secondo grado non era “illogica in fatto, né errata in diritto, in quanto “agli effetti dell'art. 110, comma 7, d.P.R. n. 917/1986, l'Amministrazione è onerata di provare lo scostamento almeno apparente tra il corrispettivo pattuito e il valore normale”.

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