Dichiarazione fraudolenta: necessario ascoltare chi ha emesso le fatture

La Redazione
05 Gennaio 2016

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50436/2015, ha affermato che la contumacia dell'imputato nel processo per dichiarazione fraudolenta non determina la valutazione, da parte dei giudici, di comportamenti commissivi od omissivi ai fini della deduzione di prove o indizi a suo carico.

Per poter condannare il titolare della ditta per dichiarazione fraudolenta è necessario che vengano ascoltati anche coloro che hanno emesso le fatture. Ad affermarlo è la terza sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza del 23 dicembre 2015, n. 50436, con la quale è stato accolto il ricorso di un contribuente.

Secondo i Supremi Giudici, infatti, non basta la deposizione del funzionario che attestava l'uso delle fatture false; a tal proposito bisogna sentire come testimoni anche gli amministratori della società che hanno emesso le fatture.

Nel caso di specie il contribuente, titolare di un'azienda, era stato condannato originariamente a sei mesi di carcere (ma la pena era stata ridotta a quattro mesi in appello) perché indicava in dichiarazione fatture per operazioni inesistenti.

L'imputato, durante il processo, era rimasto contumace. Ha osservato la Corte che “in tema di valutazione della prova, non è consentito al giudice di valorizzare, ai fini della decisione, comportamenti – commissivi od omissivi – dell'imputato che siano manifestazione di diritti soggettivi e facoltà processuali, che l'ordinamento gli attribuisce quali espressione del diritto di difesa e di libera scelta della strategia processuale ritenuta più opportuna; strategia che ben può porsi in atto anche attraverso il silenzio”. Dunque, anche se l'imputato è rimasto contumace nel corso del processo, la Corte di appello non poteva dedurre, neppure indirettamente, un elemento o un indizio di prova a carico dello stesso.

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