Nessun rimborso dell'IRAP per il professionista che corrisponde compensi elevati a terzi
05 Gennaio 2017
Compensi troppo elevati corrisposti a terzi sono una spia d'allarme per il Fisco, che respinge la domanda di rimborso dell'IRAP richiesta da un professionista odontoiatra; rimborso negato anche dopo l'iter giurisprudenziale, fino in Cassazione. L'ordinanza del 19 dicembre 2016 n. 26255 ha infatti condannato il contribuente, rigettando il suo ricorso perché “è evidente l'impegno finanziario del professionista per dotarsi di ingenti ausili”. Un impegno evidente – l'odontoiatra aveva speso circa 30mila euro – che rientra nelle disposizioni in materia. In particolare: “l'esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista” fa sottostare il contribuente all'obbligo di pagamento del tributo.
I giudici della Corte, dunque, hanno confermato la linea già intrapresa dalla CTR, che aveva condannato il professionista ritenendo che la sua attività fosse soggetta ad IPRA anche in virtù dell'emersione di notevoli compensi corrisposti a terzi, in ogni anno considerato. Ciò era evidentemente “dimostrazione della sussistenza del presupposto dell'autonoma organizzazione”. E infatti tale presupposto, come noto, ricorre quando il contribuente sia responsabile dell'organizzazione, in qualsiasi forma, e non sia inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità, impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile e si avvalga di lavoro altrui in modo non occasionale che superi la soglia di un solo collaboratore.
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