Serve la prova documentale che giustifichi gli sconti accordati ai clienti

La Redazione
05 Febbraio 2016

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2060/2016, sancisce che è solo con una prova documentale che si possono giustificare gli sconti accordati ai clienti, che portano ad una riduzione dei ricavi.

È solo con una prova documentale che si possono giustificare gli sconti accordati ai clienti, che portano ad una riduzione dei ricavi. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza del 3 febbraio 2016, n. 2060. I giudici, risolvendo la controversia tra il Fisco e una società, hanno condannato quest'ultima, rigettandone il ricorso: essa aveva impugnato l'accertamento a fini IRES, IVA ed IRAP, che contestava l'omessa contabilizzazione di sconti ai clienti.

Chiariscono dalla Corte che qualora un'operazione per la quale sia stata emessa fattura successivamente alla registrazione venga meno in tutto in parte, oppure se ne riduca l'ammontare imponibile, in conseguenza di sconti o di abbuoni ai clienti previsti contrattualmente, “il cedente del bene o il prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente alla variazione”.

Per i Giudici il ricorso alla procedura di variazione prevista dall'art. 26, secondo comma, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in conseguenza all'applicazione di abbuoni o sconti, con la riduzione dell'ammontare imponibile, richiede però due condizioni, e cioè che venga praticato, dal cedente o dal prestatore al cessionario o committente, uno sconto sul prezzo della vendita e che la riduzione del corrispettivo al cliente sia frutto di un accordo, tanto documentale quanto verbale, perfino successivo. Serve, dunque, una prova, che non può essere la sola dimostrazione della registrazione della variazione dell'emissione delle note di credito.

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