Nullo il ricorso presentato dalla società dopo la cancellazione dal Registro delle Imprese

La Redazione
05 Ottobre 2015

I Giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro una società cancellata dal Registro delle Imprese nel 2003 e che aveva presentato ricorso contro il mancato rimborso dell'IVA nel 2004.

Se la società è stata cancellata dal Registro delle Imprese, il ricorso dal lei presentato in seguito contro l'Erario è considerato inammissibile. Lo hanno affermato i giudici della Corte di Cassazione con la sentenza depositata il primo ottobre 2015, n. 19614. Una società aveva impugnato il diniego del rimborso dell'IVA per l'anno di imposta 1998 opposto dalle Entrate; per il giudice di appello, la società era legittimata a chiedere il rimborso, anche se l'estinzione risaliva al luglio 2003 e il ricorso all'ottobre 2004, poiché l'attività era cessata: in tal caso, il limite temporale previsto dall'art. 21 del D.Lgs. 546/1992 non era valido, “in quanto il contribuente non poteva far altro che chiedere il rimborso per recuperare la maggior IVA versata”.

I Giudici hanno sottolineato che la società era stata cancellata dal Registro delle Imprese quasi un anno prima della notifica dell'avviso di diniego di rimborso, accogliendo quindi le doglianze dell'Erario, che considerava “radicalmente inammissibile” il ricorso per difetto di legittimazione. Ma la cancellazione della società determina l'estinzione della stessa, “indipendentemente dall'esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo”, solo nel caso che la cancellazione sia avvenuta in seguito all'entrata in vigore dell'art. 4 D.Lgs. 6/2003, che ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione. Nel caso in esame, poiché la cancellazione era avvenuta precedentemente al primo gennaio 2004, data di entrata in vigore del decreto, in ragione della data di notifica del diniego, ne discende che la capacità processuale della società era venuta meno, per effetto della sua estinzione, già prima del giudizio di primo grado.

A seguito dell'estinzione, hanno precisato i giudici, si instaura un rapporto di tipo successorio, per il quale “i rapporti obbligatori facenti capo all'ente non si estinguono […] ma si trasferiscono ai soci, che nel caso in esame non risultano avere agito”. Ed è proprio l'accertamento del difetto di legittimazione che ha convinto i giudici della necessità di annullare la sentenza impugnata, in quanto era stata eliminata in radice ogni possibilità di prosecuzione.

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