Prima di aggredire il patrimonio dell’amministratore, bisogna accertare le liquidità societarie

La Redazione
05 Ottobre 2015

Nella sentenza 39536/2015, i Giudici della Corte di Cassazione hanno affermato che solo se le casse societarie sono vuote devono essere colpiti i beni dell'amministratore della società esterovestita.

Se le casse della società esterovestita sono vuote, il sequestro ricade sui beni dell'amministratore. Ad affermarlo, i Giudici della Cassazione, nella sentenza del primo ottobre 2015, n. 39536. Gli Ermellini hanno quindi accolto il ricorso di un imprenditore, al quale era stata contestata l'esterovestizione delle aziende e la conseguente evasione delle imposte. La formale dislocazione delle due aziende, secondo l'accusa, rispondeva alla sola finalità di realizzare un duplice vantaggio fiscale, sia in Italia che in Tunisia: per tale ragione, si era provveduto al sequestro preventivo per equivalente sul patrimonio personale dell'indagato.

Tuttavia, i Giudici di piazza Cavour hanno accolto le ragioni del contribuente. Secondo la terza sezione penale, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nelle disponibilità di una persona giuridica (derivante dal reato commesso dal legale rappresentante) è legittimo, in quanto l'ente non si può considerare persona estranea al reato. Ma perché scatti il sequestro nei confronti delle casse societarie, bisogna che esse abbiano disponibilità da aggredire, “non sussistendo un obbligo per la Pubblica Accusa di dover provvedere alla preventiva ricerca di liquidità o cespiti anche nel caso in cui risulti dagli atti l'incapieza del patrimonio dell'ente”.

Nel provvedimento impugnato, tuttavia, non c'era riferimento alla ricerca di disponibilità nella società accusata di aver percepito l'indebito vantaggio fiscale: in tal senso, quindi, l'ordinanza è stata annullata.

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