Cessioni: non è presumibile un maggior corrispettivo sulla base del valore dichiarato

La Redazione
05 Dicembre 2016

I Supremi giudici, con l'ordinanza n. 24702/2016, hanno dichiarato che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato, accertato o definito.

Per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi in base all'art. 5, comma 3 del D.Lgs. n. 147/2015 prevede che gli artt. 58, 68, 85 e 86 del TUIR si debbano interpretare nel senso che l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito a fini dell'imposta di registro di cui al d.P.R. n. 131/1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. n. 347/1990.

Così statuisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 24702 del 2 dicembre scorso.

La ricorrente, Agenzia delle Entrate, lamentava l'erronea decisione presa dai giudici di seconde cure; nello specifico: contrariamente a quanto affermato da quest'ultimi, l'Agenzia sosteneva che il maggior valore del bene ceduto accertato ai fini dell'imposta di registro, il cui atto impositivo si era reso definitivo, poteva costituire maggior valore della plusvalenza realizzata a seguito della cessione a titolo oneroso, rispetto al valore dichiarato.

I Supremi giudici hanno dunque risolto la questione richiamando il disposto enunciato dall'art. art. 5, comma 3 del D.Lgs. n. 147/2015 e dichiarando infondata la censura sollevata, infatti per le cessioni di immobili e di aziende l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato, accertato o definito.

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