Contraddittorio endoprocedimentale e incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione
07 Ottobre 2016
Nel caso del "controllo cartolare" ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973, l'obbligo del «contraddittorio endoprocedimentale», mediante l'invio dell'invito previsto dal quinto comma dell'art. 6 Legge n. 212/2000, sorge soltanto qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Nella sentenza qui impugnata manca – ad avviso dei Giudici della Suprema Corte – un'argomentata evidenziazione che, nel caso di specie, sussistessero incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, rendendo perciò legittima la cartella di pagamentoemessa senza né l'invio dell' avviso bonario,né l'instaurazione di un contraddittorio preventivo.
Analizziamo nel dettaglio l'iter logico-giuridico che ha portato la Corte, con la sentenza n. 19861/2016, ad esprimere questo principio.
Proponeva ricorso l'Agenzia delle Entrate verso la sentenza della Commissione Regionale per aver i giudici di seconde cure accolto l'appello del contribuente avverso la cartella di pagamento emessa ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per IVA non riscossa e per il recupero di crediti d'imposta non spettanti. L'Agenzia sostiene che vi sia stata un'errata applicazione degli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973, per cui la CTR ha ritenuto omessa la comunicazione dell'invito previsto dall'art. 6, comma 5 della L. n. 212/2000 (causa di nullità della cartella impugnata). Da un lato, tale norma, disciplina in via esclusiva l'ipotesi dell'invito a fornire chiarimenti necessari o a produrre documenti mancanti (non anche quella della comunicazione dell'esito del controllo), oltreché subordinare l'obbligo dell'invito all'esistenza "di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione"; dall'altra parte l'invito a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione è previsto dall'art. 36-ter per il controllo formale della dichiarazione. Sostiene, dunque, che sia ragionevole applicare l'art. 6 della L. n. 212/2000 alla sola fattispecie prevista dall'art. 36-ter e non anche alla base della liquidazione di cui all'art. 36-bis.
Valutando le due posizioni, dalla Corte si giunge a tale considerazione:
"in tema di riscossione delle imposte, l'art. 6 della L. n. 212/2000, non impone l'obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, ma soltanto qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione", situazione quest'ultima che non ricorre necessariamente nei casi in cui vi sia un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione. Per meglio comprendere la differenza sostanziale tra i due istituti, il legislatore ha delineato due diverse tipologie di procedure:
Se ne ricava, dunque, secondo i giudici della Corte, una disciplina – quella dell'art. 36-ter – di liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni, caratterizzata dalla generale previsione della garanzia del "contraddittorio endoprocedimentale". Diversamente, l'art. 36-bis, non genera un vincolo di partecipazione del contribuente nel procedimento.
Per giungere alla definizione di tale diatriba i giudici sostengono che "alla blanda forma di partecipazione del contribuente al procedimento, assicurata dall'art. 36-bis, deve essere sostitutita dalla "speciale" regola del contraddittorio endoprocedimentale stabilita dall'art. 6, co. 5 della L. n. 212/2000". Se però non suissistono le "incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione" riemerge la regola ordinaria-procedimentale enunciata dall'art. 36-bis.
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