Rimborso credito IVA: l'incertezza della documentazione dev'essere integrata con l'acquisizione d'ufficio
06 Dicembre 2016
In caso di una situazione di obiettiva incertezza degli elementi di giudizio, il Giudice tributario dovrebbe accertare la completezza o meno della documentazione. Lo ribadiscono i giudici della Corte di Cassazione, con l'ordinanza depositata il 2 dicembre 2016, n. 24720. Con essa, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da una società che aveva impugnato la sentenza della CTR. La società si era infatti vista negare il rimborso del credito IVA, ed aveva iniziato un lungo contenzioso con le Entrate: ricorrendo in Cassazione, essa lamentava che la pronuncia impugnata non aveva correttamente valutato l'efficacia probatoria degli atti emessi e delle ricevute rilasciate dall'Agenzia delle Entrate, in merito ad una ricevuta del 2007 che attestava la consegna all'ufficio di fatture attive e passive dal 1986 al 2004, del registro IVA acquisti e del registro IVA vendite.
Ora, secondo la Cassazione il giudice di merito avrebbe effettivamente dovuto sfruttare i poteri istruttori di cui all'art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992, che attribuisce il potere al giudice tributario di disporre l'acquisizione d'ufficio di mezzi di prova, non per sopperire a carenze istruttorie delle parti, ma in funzione integrativa degli elementi di giudizio laddove sussista una situazione di obiettiva incertezza. Nel caso in esame, ad essere fonte di dubbio era la genericità dell'attestazione dell'Amministrazione finanziaria.
«La CTR – hanno detto i Giudici – solo per mezzo di richiesta all'Amministrazione dei dati analitici relativi alle fatture e registri effettivamente allegati con riferimento all'anno 2001, oggetto di specifica contestazione, avrebbe potuto, nella fattispecie in esame, accertare la completezza o meno della documentazione, perché potesse aver seguito la richiesta di rimborso del credito IVA acquisito dalla cessionaria». |