Nessuna elusione per chi si avvale di intermediazione di società di comodo ai fini dell'importazione

La Redazione
07 Febbraio 2017

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2067/2017, ha affrontato la tematica riguardante l'applicazione di dazi doganali agevolati. Nello specifico veniva contestato alla società ricorrente di aver aggirato il contingentamento dell'aglio imposto dalla disciplina dell'unione europea e di aver evaso i diritti doganali e l'IVA avvalendosi della intermediazione di società di comodo per importare i prodotti in modo da usufruire dell'agevolazione tariffaria che, difformemente, non le sarebbe spettata per aver esaurito la sua quota di certificati abilitativi.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2067/2017, ha affrontato la tematica riguardante l'applicazione di dazi doganali agevolati. Nello specifico veniva contestato alla società ricorrente di aver aggirato il contingentamento dell'aglio imposto dalla disciplina dell'unione europea e di aver evaso i diritti doganali e l'IVA avvalendosi della intermediazione di società di comodo per importare i prodotti in modo da usufruire dell'agevolazione tariffaria che, difformemente, non le sarebbe spettata per aver esaurito la sua quota di certificati abilitativi.

La vicenda, giunta in appello, vedeva l'accoglimento del ricorso dell'Agenzia delle Dogane, ritenendo sussistere la prova per presunzioni dell'esistenza di contratti in frode alla legge, mediante il quale l'importatore tradizionale non disponendo di un proprio titolo al fine di beneficiare di un dazio agevolato, invece di acquistare la merce direttamente allo stato estero ed importarla fuori contingente corrispondendo il dazio specifico, ha acquistato la merce già sdoganata da altro operatore che, dietro suo incarico, la aveva acquistata al fine di rivendergliela tramite impresa in possesso dei titoli nell'ambito del contingente.

La società ricorrente propone le sue osservazioni dinnanzi la Corte denunciando la falsa applicazione dei regolamenti nn. 1047/2001 e 556/2002. Nello specifico ritiene diritto del soggetto passivo quello di scegliere la forma di conduzione degli affari che permetta di limitare la contribuzione fiscale.

La Corte nel valutare se la decisione presa dai giudici del merito e, in particolare, secondo quest'ultimi, che sarebbe vietato per un importatore tradizionale, che non disponga di un titolo nell'ambito del contingente GATT, rivolgersi ad altro operatore comunitario che, acquistata la merce da un fornitore extracomunitario, la ceda allo stato estero ad altro importatore il quale, senza trasferire il proprio titolo, immetta nel mercato dell'UE e poi la rivenda all'importatore tradizionale.

I Giudici di legittimità in primis effettuano un'attenta disamina della pronuncia della Corte di Giustizia del 14 aprile 2016, causa C-131/14. La società sosteneva che le operazioni andrebbero "considerate perfettamente legittime e conformi al diritto dell'Unione", dello stesso avviso però non è la Corte che, per l'appunto, richiamando la pronuncia su citata, evidenzia diversi punti: innanzitutto il Regolamento su espresso non riserva, in via assoluta, una quantità del contingente GATT ai nuovi importatori ma neanche disciplina il mercato della distribuzione dell'aglio (come quello di cui trattatasi). La Corte di Cassazione, dunque, si preoccupa di chiarire i requisiti in base ai quali il meccanismo di vendita e rivendita possa considerarsi legittimo in concreto:

  • che non comporti "un'influenza indebita di un operatore sul mercato e, in particolare, un'elusione, da parte degli importatori tradizionali";
  • che non comporti "violazione dell'obiettivo";
  • che le "domande di titoli devono essere connesse ad un'attività commerciale effettiva";
  • che "ogni fase del meccanismo si svolga a fronte di un prezzo corrispondente al prezzo di mercato";
  • e, infine, che "l'importazione a dazio agevolato venga effettuata mediante titoli legalmente ottenuti dal loro intestatario".

La Corte di Giustizia fornisce un parametro di verifica esemplificativo: "il prezzo di vendita della merce sia fissato a un livello tale da permettere all'importatore e agli altri operatori (intervenuti nel meccanismo) di trarre un guadagno normale o abituale, nel settore interessato, per il tipo di merce e di operazione in questione". Per la CGUE, quindi, "la mera circostanza che la remunerazione sia inferiore all'importo del dazio specifico dovuto per le importazioni fuori contingente è ininfluente per stabilire se tale remunerazione sia normale o abituale, nel settore interessato, per il tipo di merce, e per il tipo di operazione in questione".

Alla luce di siffatta disamina, se ne ricava che in applicazione dei principi espressi nella sentenza della Corte di Giustizia, causa C-131/14, se in via astratta il principio dell'UE non osta a un meccanismo mediante il quale un importatore tradizionale, che non disponga di un titolo nell'ambito del contingente GATT, si rivolga a un altro operatore comunitario che, acquistata la merce da un fornitore extracomunitario, la ceda allo stesso stato estero ad altro importatore il quale, senza trasferire il proprio titolo, immetta la merce nel mercato UE e poi la rivenda all'importatore tradizionale, è di competenza del giudice nazionale verificare l'assenza di abuso del diritto, che nel caso pratico si verifica se sussistono i principi su elencati. Qualora sia presente uno dei requisiti (oggettivi) elencati bisognerà verificare la sussistenza di un elemento soggettivo in grado di conferire al secondo acquirente nell'unione un vantaggio indebito:

  • importazione intenta a conferire vantaggio indebito al secondo acquirente;
  • operazioni prive di qualsiasi giustificazione economica e commerciale per l'importatore.

In conclusione nel caso in esame non risulta esserci stata elusione, e dunque nessun indebito vantaggio.

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