I vizi dell'atto paritetico di conferimento di funzioni dirigenziali
05 Febbraio 2016
L'atto paritetico/privatistico, di conferimento delle funzioni dirigenziali, può essere liberamente censurato in ragione di tutte le invalidità civilistiche previste dal codice civile, grazie al rinvio previsto per gli atti unilaterali dall'art. 1324 c.c., sussistendone un interesse ai sensi dell'art. 1421 c.c., e non esistendo più un divieto e una limitazione (ai soli vizi di legittimità) paragonabili a quelli a suo tempo previsti dall'art. 29 comma 2 del R.D. n. 1054/1924 (T.U. Cons. di Stato): incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere.
E, in quanto però atto funzionalizzato ad un interesse pubblico, esso sarà sindacabile anche con i classici vizi di legittimità, sovrapponibili ai vizi civilistici, vista la previsione del secondo comma dell'art. 113 Cost.: tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Nello specifico: "(...) la cognizione del giudice ... [in questo caso incidentale/pregiudiziale del giudice tributario] ... comprende tutti i vizi di legittimità, senza che sia possibile operare distinzioni tra norme sostanziali e procedurali, di modo che allo stesso giudice ordinario [incidentale tributario ndr] resta affidata la pienezza della tutela, estesa a tutte la garanzie procedimentali previste dalla legge e dai contratti e quindi comprendente anche i vizi formali" (cfr. Corte costituzionale n.275/2001). Ciò coerentemente con quanto previsto dall'art. 1, comma 1-bis della legge 241/1990, in quanto l'art. 113 comma 2 Cost., si configura in questo caso come norma derogatoria e speciale rispetto ad un regime totalmente privatistico dell'atto, che è comunque funzionalizzato.
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