Somme corrisposte al coniuge: no alle ritenute fiscali
08 Aprile 2016
I Giudici della Cassazione, accogliendo il ricorso di un contribuente, hanno affermato nella sentenza del 6 aprile 2016, n. 6624, che si possa recuperare il credito di imposta da parte del datore di lavoro per le somme corrisposte al coniuge.
La controversia aveva origine dall'impugnazione della cartella di pagamento consegnata ad un contribuente recuperando a tassazione il reddito del coniuge, che svolgeva attività di lavoro dipendente nell'impresa del marito, ed esclusa la detrazione d'imposta spettante per il coniuge a carico nonché l'impossibilità di portare in detrazione le ritenute subite dal coniuge.
Osservando come l'art. 62, comma 2, del T.U.I.R. disponga l'indeducibilità per i compensi dei familiari dell'imprenditore, stabilendo anche che i compensi non ammessi in deduzione non concorrano a formare il reddito complessivo dei percipienti, i giudici della Cassazione hanno valutato come la norma non neghi l'obiettiva natura di costo d'impresa della retribuzione del lavoratore dipendente (coniuge), ma ne escluda la deducibilità poiché il titolare dell'impresa e il coniuge sono “sostanzialmente i beneficiari del profitto dell'esercizio imprenditoriale e, dunque, non provocano costi in senso proprio, quando attingano a tale profitto in via di remunerazione dell'impegno profuso per conseguirlo”.
Viene dunque evidenziato il principio secondo cui il compenso erogato al coniuge non ha natura di reddito e, “non essendo il relativo costo deducibile dal reddito di impresa, non deve essere dichiarato”. Tuttavia, “le ritenute fiscali operate al momento del pagamento devono essere riconosciute, costituendo modalità idonea per recuperare il credito di imposta da parte del datore di lavoro”. Ragion per cui il provvedimento impugnato andava annullato nel momento in cui ingiungeva il pagamento delle ritenute fiscali sulle somme corrisposte al coniuge per il lavoro prestato. |