Falcidia del credito IVA: legittima in concordato preventivo

La Redazione
11 Aprile 2016

La Corte di Giustizia UE nella Causa C-546/14 depositata il 7 aprile 2016 ha affermato la legittimità della falcidia del credito IVA in caso di concordato preventivo.

La Corte di Giustizia UE, con la Causa C-546/14 depositata ieri, si è espressa circa la questione della falcidiabilità dell'IVA nel concordato preventivo formulata dal Tribunale di Udine – chiamato a giudicare su una proposta formulata da una società di trasporti – con il rinvio dello scorso 30 ottobre 2015.

La pregiudiziale sottoposta a livello comunitario riguarda l'interpretazione dell'art. 4, par. 3, TUE e della Direttiva IVA 2006/122/CEE (artt. 250 e 273) in tema di ammissibilità di proposte concordatarie che prevedano, con la liquidazione del patrimonio del debitore, il pagamento parziale del credito IVA.

Il Tribunale del Lussemburgo, chiarito il perimetro degli articoli di riferimento della Legge Fallimentare (artt. 162 e 182-ter), premette che la procedura di concordato preventivo comporta la liquidazione dell'intero patrimonio del debitore e che, in ipotesi di insufficienza, può essere ammesso il pagamento parziale di un credito privilegiato solo previa attestazione di un esperto circa l'impossibilità di un trattamento migliore in caso di fallimento e che, in ogni caso, la proposta concordataria è soggetta al voto dei creditori non integralmente soddisfatti.

L'ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell'ambito di una procedura di concordato preventivo che, a differenza delle misure di cui trattasi nelle cause che hanno dato origine alle sentenze Commissione/Italia (C-132/06) e Commissione/Italia (C-174/07) cui fa riferimento il giudice del rinvio, non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell'IVA, non è contraria all'obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell'Imposta nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell'Unione.

La Corte di Giustizia conclude affermando che l'art. 4, par. 3, TUE nonché gli articoli 2, 250, e 273 della Direttiva 2006/112/CE «non ostano ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito dell'imposta sul valore aggiunto attestando, sulla base dell'accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento».

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