Prevalenza tra split payment e reverse charge

La Redazione
16 Giugno 2015

Una società che opera con una Pubblica Amministrazione si trova ad emettere una fattura che in teoria dovrebbe recare la nota “scissione dei pagamenti” (split payment). Nel contempo la medesima operazione dovrebbe essere emessa in regime di reverse charge. Si chiede quale sia il comportamento corretto da tenere. Quali sono, inoltre, le sanzioni che si applicano in caso di errori relativi al nuovo istituto dello split payment e al reverse charge?

Una società che opera con una Pubblica Amministrazione si trova ad emettere una fattura che in teoria dovrebbe recare la nota “scissione dei pagamenti” (split payment). Nel contempo la medesima operazione dovrebbe essere emessa in regime di reverse charge. Si chiede quale sia il comportamento corretto da tenere. Quali sono, inoltre, le sanzioni che si applicano in caso di errori relativi al nuovo istituto dello split payment e al reverse charge?

A tre mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni della Legge di Stabilità 2015 sull'estensione del reverse charge, è stata pubblicata dall'Agenzia delle Entrate la Circolare n. 14/E del 2015, intitolata “Primi chiarimenti”. Va evidenziato che i tecnici delle Entrate chiariscono che dato il non breve tempo trascorso dal 1° gennaio, data di entrata in vigore della nuova normativa, e preso atto dei profili di incertezza, anche in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, l'Agenzia delle Entrate dichiara, nell'ultimo paragrafo della Circolare, che sono fatti salvi, con conseguente mancata applicazione di sanzioni, eventuali comportamenti difformi, adottati prima dell'emanazione della Circolare.

Per i futuri errori privi di danno erariale, la disposizione del co. 9-bis, dell'art. 6, del D.Lgs. n. 471/1997, prevede la sanzione del 3% dell'imposta nel caso in cui:

  • la fattura doveva essere in reverse charge ed è stata emessa con rivalsa dell'IVA, a condizione che l'imposta sia stata “assolta” dal cedente o prestatore, cioè sia stata computata a debito nella liquidazione periodica e se questa ha chiuso a carico del contribuente, l'imposta netta dovuta sia stata versata;
  • la fattura doveva essere con rivalsa dell'IVA ed è stata emessa in reverse charge, a condizione che l'imposta sia stata “assolta” dal cessionario o committente, cioè se la fattura è stata integrata con l'indicazione del tributo, e liquidata a debito, fermo restando il diritto di detrazione.

Nei casi diversi da quelli sopra indicati la sanzione è compresa fra il 100 e il 200% dell'imposta.

Si tratta di:

  • mancata integrazione della fattura e relativo computo a debito;
  • emissione della fattura con rivalsa dell'IVA “omettendone il versamento” (da intendere come sopra indicato).

Dell'imposta e della sanzione risponde solidalmente il cliente.

La mancata emissione di una fattura in reverse charge viene sanzionata con le modalità del secondo comma dell'art. 6, al pari delle operazioni non imponibili o esenti (dal 5 al 10% dei corrispettivi). Se la violazione non rileva ai fini delle imposte sui redditi, si applica la sanzione fissa da € 258 a € 2.065. Il cessionario o committente è tenuto ad esperire la procedura nota come “autofattura-denuncia” (ottavo comma), applicando comunque il reverse charge.

La Circolare n. 14/E, da ultimo, ha chiarito che le disposizioni sull'inversione contabile prevalgono su quelle relative alla “scissione dei pagamenti”. La Pubblica Amministrazione che opera nell'esercizio di impresa deve applicare il “reverse” se riceve un servizio con questa caratteristica.

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