Interessi passivi non inerenti: deducibili
09 Marzo 2016
È possibile dedurre gli interessi passivi da riconoscere alla banca, anche se non inerenti. È questa la posizione della Corte di Cassazione, espressa nella sentenza del 4 marzo 2016, n. 4339. I Supremi Giudici hanno accolto il ricorso di un'azienda, la quale era stata raggiunta da un accertamento basato su un PVC con il quale venivano disconosciuti gli interessi passivi non inerenti, contestando interessi attivi non contabilizzati.
La CTR aveva solo parzialmente accolto la tesi della contribuente. Affermavano i Giudici territoriali che la ripresa fiscale era stata effettuata a titolo di interessi su finanziamenti avvenuti di fatto tra due aziende, costituenti redditi di capitale imponibili in ogni esercizio per la parte maturata. Quanto agli interessi passivi non inerenti, la ripresa era motivata dal comportamento antieconomico della società verificata, la quale, mentre ha fatto ricorso a finanziamenti da istituti bancari con un onere del 9,375%, ha poi erogato finanziamenti al tasso del 7% ad altre società.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha accolto il sesto motivo di ricorso presentato dalla contribuente. Hanno ricordato i Giudici che “gli interessi passivi sono sempre deducibili”; ci si deve riferire all'art. 63 del D.P.R. 917/86 (ora diventato il n. 96), con il quale vengono indicate le modalità del calcolo degli interessi passivi deducibili, senza che sia necessario operare giudizi di inerenza. Giudizi che erano invece alla base della contestazione mossa dall'Agenzia delle Entrate, la quale basava le proprie pretese sull'art. 75, comma 5, del T.U.I.R. che concerne proprio il giudizio di inerenza per le spese e i componenti negativi, ma diversi dagli interessi passivi. In tale situazione, secondo la Suprema Corte, l'articolo 75 è stato applicato in modo difforme dal suo contenuto precettivo. |