L’interpello abbreviato nell’ambito dell’adempimento collaborativoFonte: DM 15 giugno 2016
09 Agosto 2016
Il regime di adempimento collaborativo è entrato in vigore grazie al D.lgs. n. 128/2015 rubricato “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23”. L'istituto nasce con l'intento di avvicinare amministrazione e contribuente e soprattutto di rendere trasparenti i rapporti tra loro intercorrenti, i quali dovranno essere improntati ad un livello di fiducia sempre più rilevante. Inoltre la legge ha lo scopo di adeguare il sistema tributario italiano a quello internazionale. L'adesione al regime è volontaria, qualora il soggetto richiedente possegga i requisiti previsti dalla legge. Con il decreto 15 giugno 2016 del Ministero dell'Economia e delle Finanze sono state disciplinate le modalità applicative dell'interpello abbreviato, un'importante novità per le imprese che saranno ammesse al regime collaborativo di cui sopra. L'istituto si caratterizza per la sua “specialità” rispetto alla disciplina inerente l'interpello ex art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente. L'art. 6 del D.lgs. n. 128/2015 stabilisce che i soggetti ammessi al regime di adempimento collaborativo possano usufruire della «procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all'applicazione delle fattispecie tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l'interpellante ravvisa rischi fiscali».
Per quanto concerne l'oggetto dell'interpello, l'art. 1 del D.M. 15 giugno 2016 prevede che l'istanza di interpello possa essere presentata nell'ambito delle interlocuzioni conseguenti al regime, così come l'art. 3 prevede che il contribuente comunichi all'ufficio i rischi per i quali presenta l'istanza. La ratio di queste due norme è in linea con l'intento delle procedure stesse in quanto, nell'ambito dell'adempimento collaborativo, l'amministrazione deve conoscere preventivamente i potenziali rischi fiscali cui il contribuente va incontro.
A livello formale, l'istanza di interpello abbreviato non si discosta da quelle previste per gli interpelli ex art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente; l'art. 4 del D.M. 15 giugno 2016 infatti stabilisce che nell'istanza debbano essere indicati i dati identificativi del contribuente e suo legale rappresentante, il caso concreto per il quale si ravvisano rischi fiscali, le disposizioni tributarie di cui si richiede l'interpretazione, applicazione o disapplicazione, domicilio e recapiti telematici. Qualora sia carente uno o più requisiti, il contribuente potrà provvedere alla loro regolarizzazione. Al II comma è previsto che il contribuente indichi la soluzione da lui proposta ed il comportamento che intende adottare in relazione alla situazione concreta; si può notare come «l'esposizione della soluzione» non sia intesa come elemento essenziale, sempre nell'ottica di collaborazione tra amministrazione e contribuente il quale potrà contattare direttamente la prima in merito a questioni per le quali non ha prospettato nulla.
La specialità di questo istituto si ravvisa anche per quanto concerne i termini: l'art. 5 del D.M. prevede infatti che l'ufficio competente verifichi l'esattezza dei requisiti richiesti all'art. 4 entro quindici giorni dal ricevimento dell'istanza (termine dimezzato rispetto a quello previsto per gli interpelli ordinari ex art. 3, III comma D.lgs 152/2015). A seguito della regolarizzazione o nel caso in cui questa non sia necessaria, l'amministrazione dovrà fornire una risposta entro quarantacinque giorni dalla ricezione dell'istanza (cfr. art. 7 D.M. 15 giugno 2016); in caso di mancata risposta nel termine previsto, si formerà il così detto “silenzio-assenso”, per il quale è corretto ritenere che l'Agenzia delle Entrate non condivida la soluzione proposta dall'istante. Anche in questo caso i termini risultano più brevi rispetto alla disciplina ordinaria (cfr. art. 11 L. 212/2000). Sempre l'art. 7 prevede che l'amministrazione possa chiedere, per una volta soltanto, l'integrazione dell'istanza, qualora non sia in grado di fornire una risposta esaustiva con i soli documenti allegati alla stessa; in questa eventualità il termine di quarantacinque giorni entro i quali fornire la risposta cominceranno a decorrere nuovamente, a partire dalla ricezione dell'integrazione. Ex art. 8 il contribuente è sottoposto a determinati adempimenti: deve infatti comunicare all'ufficio qualunque comportamento da lui tenuto, non conforme alla risposta prospettata dall'amministrazione, così come è tenuto a comunicare eventuali modifiche che hanno inciso sulle circostanze di fatto o di diritto in base alle quali è stata formulata la risposta.
La risposta fornita dall'ufficio competente, ex art. 9 D.M. 15 giugno 2016, ha efficacia solamente nei confronti del contribuente richiedente e limitatamente alla fattispecie da lui prospettata; l'articolo chiarisce che «tale efficacia si estende anche ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo la rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'Agenzia delle Entrate con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell'istante». In questo caso non vi sono particolari differenze con la disciplina ordinaria, a parte per il II comma dell'articolo in questione. Infatti in caso l'ufficio risponda oltre i termini ex art. 7 o dia una risposta difforme a quelle prospettate in precedenza, il contribuente che nell'attesa abbia tenuto un comportamento contrario a quello indicato dall'amministrazione, sarà tenuto al pagamento di imposte e interessi, ma non a quello delle sanzioni. |