L'omessa dichiarazione non comporta l'impossibilità di detrarre l'IVA
09 Settembre 2016
La neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l'eccedenza d'imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione. Pertanto il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d'impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratta di acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili.
Le Sezioni Unite della Corte con sentenza n. 17757/2016 si sono pronunciate sulla questione inerente la possibilità di detrarre l'IVA anche con dichiarazione omessa. Sulla scorta della giurisprudenza comunitaria i Supremi giudici giungono a sostenere la maggiore rilevanza della sostanza sulla forma.
La questione è stata oggetto di una complessa disamina da parte delle Sezioni Unite, che hanno valutato precedenti giurisprudenziali nonché posizioni dottrinali.
A proporre ricorso è l'Agenzia delle Entrate che vede in prima battuta annullati dalla CTP di Roma ruolo e cartella di pagamento emessi a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione, tale decisione è stata poi confermata in Commissione Regionale. Il giudice d'appello ha ritenuto che l'imposta detraibile risultava indicata nelle dichiarazioni periodiche e nella richiesta parziale di rimborso per l'anno oggetto di verifica. Ritenendo che operasse l'art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997, ha, dunque, considerato idonea a far sorgere il diritto alla detrazione del maggior credito la sola indicazione del medesimo nelle liquidazioni periodiche relative all'annualità di maturazione.
Dal canto suo la ricorrente Agenzia delle Entrate lamenta che i giudici di seconde cure abbiano trascurato che, nell'imposizione sul valore aggiunto, per portare in detrazione eccedenze d'imposta provenienti da una precedente annualità sarebbe necessario un congruo riscontro dichiarativo. Dunque la dichiarazione annuale determinerebbe la perdita definitiva del diritto di detrarre le eccedenze maturate, non rilevando le dichiarazioni periodiche e potendo la parte contribuente realizzare il proprio credito d'imposta con il procedimento di rimborso. Se la Corte dovesse, dunque, allinearsi a questo pensiero, nonostante l'esistenza effettiva e documentata del credito, è legittimo, per le Entrate, il recupero a tassazione. Il contribuente, dopo aver adempiuto correttamente al pagamento degli importi enunciati in cartella, è onerato a chiedere il rimborso, così da salvaguardare la neutralità dell'IVA.
Il quadro legislativo
In tema di IVA versata in eccesso, poichè detrazione e rimborso sono due modi alternativi per esercitare il medesimo diritto, al contribuente che entro il termine di decadenza, abbia esercitato il diritto alla restituzione con richiesta di detrazione – contrastata dall'Amministrazione finanziaria per l'inosservanza dell'obbligo di presentare la dichiarazione annuale – non può, in caso di esito negativo del giudizio sulla detrazione, ritenersi precluso il rimborso ex art. 30 del d.P.R. n. 633/1972, se richiesto entro il termine di prescrizione.
La materia va analizzata in ottica comunitaria
I Supremi Giudici analizzano la questione secondo un'ottica comunitaria, la Corte di giustizia è infatti costante nell'affermare che: "nel campo dell'IVA, i soggetti passivi agiscono come collettori d'imposta per conto dello Stato e che il diritto alla detrazione, costituendo parte integrante e fondamentale del meccanismo IVA, non è soggetto a limitazioni, fatte salve deroghe esclusivamente in casi espressi. La detrazione può essere legittimamente esercitata nel periodo d'imposta nel corso del quale ricorrano contemporaneamente i requisiti del possesso della fattura e dell'esistenza del diritto alla deduzione".
Se viene richiamato l'art. 30 del decreto IVA non si può giungere alle medesime conclusioni, secondo cui “se dalla dichiarazione annuale risulta che l'ammontare detraibile [...] il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso...”. L'art. 2, comma 7, del d.P.R. n. 322/1998 stabilisce che "le dichiarazioni presentate con ritardo superiore ai 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d'imposta".
Le medesime Sezioni Unite di recente, con sentenza n. 13378/2016, hanno affermato che il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa e dall'istanza di rimborso, in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi in sede di redazione della dichiarazione.
In definitiva, concludono dalla Corte, se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna, grava sull'Amministrazione l'onere della relativa contestazione e consequenziale prova. Diversamente, se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall'ordinamento interno, sarà onere dello stesso fornire adeguata prova dell'esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l'insorgenza del diritto alla detrazione. Occorre la dimostrazione circa l'effettività del diritto di detrazione.
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