Abuso del diritto: la prima pronuncia penale di assoluzione
09 Ottobre 2015
“Le contestazioni fondate sull'elusione fiscale e sull'abuso del diritto non danno mai luogo a violazioni penali tributarie”. Il fatto che l'elusione fiscale non sia più perseguibile penalmente è stato ora sancito dalla Corte di Cassazione, nella prima sentenza con la quale si specifica che il fatto non è più previsto tra i reati. Nella sentenza del 7 ottobre 2015, n. 40272 – discussa il 1° ottobre 2015, quindi lo stesso giorno dell'entrata in vigore del decreto che depenalizza l'abuso del diritto – i Giudici hanno specificato tutto l'iter che ha portato all'esclusione della rilevanze penale delle operazioni abusive, assolvendo il contribuente che aveva ottenuto un risparmio di imposta con il prestito di titoli azionari tramite il meccanismo di stock lending. Come è noto, le contestazioni basate sull'elusione fiscale e sull'abuso del diritto non sono più punite penalmente per effetto dell'art. 10-bis, comma 13, della Legge n. 212/2000: lo chiariscono i Giudici, ricordando come “le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie”, fermo restando l'applicazione delle sanzioni amministrative. Dunque, le posizioni della magistratura di merito, “in astratto condivisibili alla luce della normativa vigente all'epoca della decisione”, sono state del tutto riviste in virtù del principio poc'anzi espresso; prima di tutto, dunque, i Giudici di legittimità hanno dovuto specificare cosa configuri abuso del diritto in base alle nuove indicazioni. Ed è qui il vero “succo” della sentenza, con la quale la nuova norma trova conferma e applicazione: “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi indebiti”. E tali operazioni sono essenzialmente i “fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi da quelli fiscali”. Vantaggi fiscali indebiti sono, inoltre, “i benefici, anche non immediati, contrastanti con le finalità delle norme tributarie o con i principi dell'ordinamento tributario”. Venendo poi alla fattispecie della sentenza, “non possono non condividersi le osservazioni della difesa”: la stipula del contratto di prestito delle azioni “essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale”, non potrebbe integrare “una condotta penalmente rilevante”. Ed ecco, i Giudici non hanno potuto far altro che assolvere con formula piena l'imputato, “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. |