I conti correnti confermano l’accertamento sulla contabilità in nero
09 Novembre 2016
I conti correnti permettono di confermare l'accertamento sulla contabilità in nero di una società. È il parere della Cassazione, con la sentenza del 4 novembre 2016, n. 22434, con la quale la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate.
In breve, nel garage di una società veniva rinvenuta della contabilità informale, annotata su agende e bloc-notes. Secondo l'Agenzia delle Entrate, tali annotazioni erano indizio dell'esistenza di imponibili che la contabilità ufficiale semplicemente ometteva. Purtroppo per la società, le indagini bancarie avevano fatto emergere addebiti ed accrediti con movimenti ingentissimi, pari a 4.2 miliardi di vecchie lire, sui quali il giudice di merito – tuttavia – non si era soffermato.
“In via generale – osservano i Giudici di legittimità – il rinvenimento di una contabilità informale – tenuta su brogliacci, agende-calendario, bloc-notes, memoria informatica… - è indizio grave dell'esistenza d'imponibili non riportati nella contabilità ufficiale, il che legittima l'Amministrazione all'accertamento”. La documentazione extracontabile non può dunque essere ritenuta rilevante o non rilevante senza che il giudice di merito valuti tali indizi e li compari con gli altri dati acquisiti. “Sull'accertamento così avviato incidono anche le risultanze dei conti bancari intestati a soci e loro familiari, riferendo alla medesima società le operazioni ivi riscontrate secondo elementi sintomatici evidenziati dalla peculiare fattispecie”.
Avendo il confronto dei conti bancari, dunque, il giudice di merito avrebbe dovuto confrontare i dati: cosa che farà di nuovo la CTR, in diversa composizione.
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