Per gli immobili strumentali l'imposta di registro è dovuta indipendentemente dal classamento
10 Marzo 2016
Per l'acquisto di un negozio si può applicare l'imposta di registro, indipendentemente dal classamento dell'immobile. Lo afferma la Corte di Cassazione, con la sentenza depositata il 7 marzo 2016, n. 4481, accogliendo il ricorso di un legale che aveva acquistato un immobile adibito a negozio, versando l'Imposta sul valore aggiunto, su un atto di trasferimento sul quale, secondo l'avvocato, andava applicata l'imposta di registro ad aliquota ordinaria (7% ratione temporis, attualmente 9% ndr).
Le sue ragioni erano state disattese dalla CTR, secondo la quale l'immobile, essendo destinato ad uso commerciale, doveva intendersi soggetto ad IVA, avendo le parti chiesto l'applicazione dell'IVA nell'atto.
La Cassazione ha però deciso differentemente. “La tassazione di un contratto in base all'IVA o all'imposta di registro – si legge in sentenza – dipende dalla natura e dalla funzione del trasferimento posto in essere; ed è priva di rilievo la circostanza che le parti abbiano espresso la convinzione che il contratto sia soggetto ad IVA”. Neanche le osservazioni in virtù del classamento catastale del bene hanno trovato riscontro da parte dei Giudici della Suprema Corte, secondo i quali la forma di tassazione dipende semmai dalla circostanza secondo la quale l'atto di compravendita costituisca o meno esercizio, da parte del venditore, di attività commerciale.
Seppur sia comprensibile la richiesta, da parte della Corte, di far prevalere, in ordine alla corretta applicazione dell'IVA o del Registro, un'attenta analisi del contenuto dell'operazione posta in essere, tuttavia non va dimenticato quanto disposto dall'art. 10, n. 8-ter, D.P.R. n. 633/1972 attualmente in vigore, secondo cui sono da intendersi esenti dall'Imposta sul valore aggiunto “le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'art. 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione”.
Un'ultima precisazione dei Giudici riguarda il modus operandi nell'ipotesi in cui si ritenga non corretta l'applicazione dell'IVA in relazione all'acquisto di determinati beni: secondo la Corte, infatti, chi acquisti un bene e successivamente ne contesti l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, non deve indirizzare l'istanza di rimborso all'Agenzia delle Entrate, bensì al venditore: sarà quest'ultimo, infatti, a dover chiedere il rimborso all'Amministrazione. |