IVA all’importazione, è un tributo interno

La Redazione
10 Settembre 2015

Intervenendo in tema di uso “virtuale” del deposito, la Corte di Cassazione ha affermato che nell'applicazione della sentenza è necessario comunque adattarsi ai principi di proporzionalità.

Nel caso di sfruttamento “fantasma” del deposito IVA, l'unica sanzione applicabile è quella in merito agli omessi versamenti (art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997), anche se va adattata al principio comunitario di proporzionalità. È quanto contenuto nella sentenza della Cassazione dell'8 settembre 2015, n. 17814.

Una S.r.l. aveva presentato ricorso contro undici atti di contestazione e relativa irrogazione di sanzioni pecuniarie, tutti concernenti avvisi di rettifica notificati per la ripresa a tassazione di IVA all'importazione non corrisposta sulle merci, per l'uso “virtuale” del deposito IVA.

Secondo il Giudice di appello, non esisteva una norma sanzionatoria di carattere speciale relativa all'omesso o tardivo versamento dell'IVA all'importazione.

I Giudici di Cassazione hanno iniziato la loro argomentazione affermando che il nocciolo di tutto era inerente all'applicazione dell'art. 13, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997 in tema di omessi versamenti, che recita: “Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile”.

Ora, i Giudici hanno specificato che, al contrario di quanto sostenuto dalla CTR, la sanzione applicabile all'importatore che si avvale del sistema del deposito IVA in modo illecito va individuata proprio in virtù del citato art. 13, e non nell'art. 70, D.P.R. 633/72, come preteso dalla contribuente. “Deve ritenersi – si legge nella sentenza – che l'IVA all'importazione costituisca un tributo interno. Tale posizione è in linea anche con quanto espresso dalla Corte penale. L'applicazione della sanzione dovrà dunque adattarsi a quanto prescritto dal D.Lgs. 471/1997, ma dovrà anche sottostare ai principi comunitari di proporzionalità. “La CTR – concludono infatti gli Ermellini – dovrà valutare in sede di rinvio la proporzionalità della sanzione applicata”.

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