Contraddittorio endoprocedimentale: dalle Sezioni Unite gli attesi chiarimenti

La Redazione
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10 Dicembre 2015

Le Sezioni Unite hanno escluso che nel nostro ordinamento sussista una clausola che imponga all'Amministrazione finanziaria un generale obbligo di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tale obbligo viene meno ove non espressamente previsto, come nel caso degli “accertamenti a tavolino”. Diverso è il caso dei tributi armonizzati, giacché in ambito comunitario occorre riconoscere l'immanenza di un principio di generale applicazione, seppur in termini restrittivamente sostanzialistici.

Con sentenza n. 24823, depositata ieri, le Sezioni Unite approdano al fine ad una posizione univoca circa l'esistenza o meno, all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, di un principio (di matrice comunitaria) che imponga all'Amministrazione finanziaria un generale obbligo di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale in rapporto a qualsiasi atto lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente ed a prescindere da un'espressa previsione normativa applicabile alla fattispecie concreta.

Il caso, che ha dato adito all'ordinanza di rimessione (Cass. civ., sez. VI-T, 14 gennaio 2015, n. 527), trae origine da un accertamento analitico-induttivo, emesso nei confronti di una società esercente attività di compravendita immobiliare per il recupero dell'IRPEG, IRAP ed IVA relativo all'annualità 2003. La controversia è in particolare incentrata sull'esatto ambito di applicazione dell'art. 12, co. 7, L. 212/2000.

Il Supremo Collegio, a Sezioni Unite, coglie dunque l'occasione per una densa ricostruzione della tematica nel tentativo di superare (quelli che risulterebbero solo in apparenza) contrasti giurisprudenziali e di approntare per l'effetto un principio univoco di diritto.

Alla luce di siffatta ricostruzione giurisprudenziale e normativa, i Giudici rilevano sul tema una divergenza tra disciplina europea e disciplina nazionale, che non riesce ad essere superata in via interpretativa. La prima infatti prevede il contraddittorio endoprocedimentale in materia tributaria quale principio di generale applicazione, pur valutandone gli effetti in termini restrittivamente sostanzialistici (l'obbligo non investe infatti l'attività d'indagine e acquisizione di elementi probatori; può essere adempiuto anche mediante audizione successiva in esito a impugnazione del provvedimento sfavorevole – sempreché la normativa nazionale consenta in via automatica di ottenere la sospensione dell'esecuzione; l'annullamento dell'atto amministrativo/impositivo si verifica solo laddove, mediante la corretta attivazione del contraddittorio, detto procedimento avrebbe potuto comportare un esito diverso). La seconda invece lo delinea quale obbligo gravante sull'Amministrazione soltanto in relazione a singoli, ancorché molteplici atti per i quali detto obbligo è esplicitamente contemplato.

Da ciò discende un principio che fa perno sulla dicotomia tra tributi armonizzati e tributi non armonizzati: «Differentemente dal diritto dell'U.E., il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amm., comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in guidizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni “valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio", si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».

La fattispecie concreta

Deve dunque concludersi, con riferimento alla fattispecie concreta, la cassazione della sentenza impugnata: alla luce del principio di diritto anzi esposto, infatti, con riferimento a IRPEG e IRAP, non si può far discendere dall'art. 12, co. 7 cit., alcun obbligo di contraddittorio all'esito di indagini a tavolino; per quanto riguarda l'accertamento della maggiore IVA invece, non è stato assolto l'onere di specifica enunciazione in sede contenziosa delle ragioni che – se “ascoltate” – avrebbero potuto condurre il procedimento a differente epilogo.