Immobili di interesse storico artistico: i canoni prodotti dalla locazione concorrono al reddito d'impresa
11 Aprile 2017
La Cassazione Civile, sezione tributaria, con l'ordinanza n. 9204 del 10 aprile 2017, è stata chiamata a statuire sulla regolarità delle dichiarazioni dei redditi presentate dalla società contribuente, con relativa adozione del regime fiscale dettato dalla legge n. 413/1991 in tema di rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese.
In tema di imposte sui redditi, i canoni prodotti dalla locazione di immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'art. 3 della legge 10 giugno 1939, n. 1089, che siano oggetto dell'attività di impresa, rappresentano ricavi che concorrono alla determinazione del reddito d'impresa, secondo le norme che lo disciplinano, senza che risulti applicabile l'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413. Tale articolo, nello stabilire che il reddito degli immobili in questione è determinato “mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato”, si riferisce al solo reddito fondiario e si giustifica nei costi di manutenzione degli immobili vincolati, superiori a quelli normalmente richiesti per altre tipologie di immobili, giustificazione – quest'ultima – che non avrebbe senso rispetto ai redditi d'impresa, determinati sulla base dei ricavi conseguiti in contrapposizione ai correlativi costi che, invece, sono indeducibili rispetto ai redditi fondiari (Cass. n. 26343/2009, Cass. n. 7542/2011, Cass. n. 7615/2014, Cass. n. 18921/2015). |