Mancata fatturazione di merci a seguito di cessata attività: l’assoggettabilità al regime I.V.A.

La Redazione
11 Agosto 2016

In tema di cessata attività di una ditta individuale, la Corte di Cassazione ha affermato che i beni residui all'impresa cessata rimangono comunque soggetti al regime di imposta sul valore aggiunto.

Con la sentenza 16419/2016 depositata in Cancelleria il 5 agosto 2016, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di assoggettabilità al regime I.V.A. per le imprese che abbiano cessato la loro attività.

Il caso. La vicenda nasce a seguito di un avviso di rettifica dell'Agenzia delle Entrate avverso una ditta individuale, confermato successivamente anche dalla Commissione Tributaria Regionale adita. L'avviso era stato inoltrato per l'omessa fatturazione di merci nello stesso anno di imposta in cui la ditta aveva cessato la propria attività. I beni in questione erano stati consegnati ad altra ditta ma non risultava nessuna fattura né, data la cessazione dell'attività del ricorrente, la bolla di accompagnamento per la restituzione.
Il ricorrente in Cassazione affermava che, a seguito della estinzione o cessazione della propria attività di impresa, i beni residuati ad egli quale imprenditore singolo avrebbero dovuto esulare dall'ambito di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.

La decisione della Corte. La tesi appena enunciata si scontra con la motivazione proposta dal giudice di legittimità il quale afferma che, ex art. 21 D.P.R. n. 633/1972, sia necessaria la fatturazione delle merci rimaste al fine di non incorrere nella violazione dello stesso art. 21 e dei degli art. 2 e 35 del medesimo decreto. Diverso sarebbe stato il caso in cui l'imprenditore avesse acquistato i beni personalmente, applicando l'imposta di autoconsumo esterno, da esporre nell'ultima dichiarazione annuale con l'intento di non applicare l'imposizione sul valore aggiunto.
Infatti, ai fini della soggettività passiva d'imposta a nulla rileva che l'attività imprenditoriale sia cessata e quindi che il soggetto non sia più registrato come “soggetto I.V.A.”, ma piuttosto avrebbe rilevato il fatto che il soggetto passivo avesse agito in quanto tale.
Nel caso di specie le merci però erano state consegnate dalla ditta del ricorrente ad un'altra attività concretizzando quindi il «il normale ambito della soggettività passiva ai fini dell'imposizione sul valore aggiunto».

Per questi motivi il ricorso è stato rigettato e l'imprenditore individuale condannato al pagamento dell'imposta sul valore aggiunto sui beni oggetto della contesa.

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