In caso di presunta attività "in nero" è legittimo ricorrere al metodo induttivo

La Redazione
11 Ottobre 2016

Nel caso in cui vi sia omessa dichiarazione dei redditi e mancata esibizione delle scritture contabili, la legge abilita l'Ufficio a servirsi di qualsiasi elemento probatorio per la determinazione del reddito ed è quindi legittimo il ricorso al metodo induttivo ex art. 39 d.P.R. n. 600/1973. Questo il principio ricordato dalla Corte con l'ordinanza n. 20351/2016.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20351/2016, ha ricordato che nelle ipotesi in cui vi sia omessa dichiarazione dei redditi e mancata esibizione delle scritture contabili, la legge abilita l'Ufficio a servirsi di qualsiasi elemento probatorio per la determinazione del reddito. È quindi legittimo, da parte dell'Amministrazione finanziaria, il ricorso al metodo induttivo ex art. 39 d.P.R. n. 600/1973, nonché l'impiego, ai fini della determinazione dei maggiori ricavi, dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza.

Nel caso di specie risultano chiare le ragioni che hanno indotto il giudice di secondo grado a ritenere sussistenti i presupposti dell'accertamento induttivo ex art. 39, comma 2, d.P.R. n. 600/1973 e la conseguente legittimità dell'avviso di accertamento, evidenziando come dal pvc risultassero elementi gravi, precisi e concordanti dell'esercizio di un'attività imprenditoriale "in nero", desumibili dalle stesse dichiarazioni rese dal contribuente agli agenti della Guardia di Finanza.

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