Consulente presso uno studio altrui: non prova l'autonoma organizzazione

La Redazione
12 Aprile 2016

La Cassazione, con la sentenza n. 6855/2016, ha affermato che non c'è prova di autonoma organizzazione nel lavorare come consulente presso lo studio di un altro professionista.

Non c'è prova di autonoma organizzazione nel lavorare come consulente presso lo studio di un altro professionista. Ad affermarlo sono i Giudici della Corte di Cassazione nella sentenza dell'8 aprile 2016, n. 6855. In essa, i magistrati della Corte hanno accolto il ricorso di una contribuente, ragioniera, che aveva impugnato il silenzio rifiuto opposto dall'Amministrazione in merito all'istanza di rimborso prodotta per l'IRAP versata tra gli anni 1998-2002. La vicenda era finita fino in CTR: i Giudici territoriali avevano riconosciuto l'esistenza del requisito dell'autonoma organizzazione in base ai dati emergenti dalla dichiarazione dei redditi dello studio del ragioniere presso il quale la contribuente svolgeva attività di consulenza, senza alcuna organizzazione.

Invece – ha osservato la Cassazione – la CTR aveva dato erroneamente rilievo ad una struttura organizzativa gestita da altri, ritenuta espressamente ipotesi di esclusione dall'IRAP. “Lo svolgimento dell'attività libero professionale – si legge in sentenza di consulenza presso uno studio altrui, infatti, tenuto conto dei dati emergenti dalla dichiarazione dei redditi, non prova, ma esclude la presenza di un'autonoma organizzazione”.

I Giudici di merito, inoltre, non avevano ritenuta provata la circostanza di non fruire dei benefici organizzativi derivanti dall'inserimento nello studio associato, e ciò nonostante emergesse dal quadro RE della dichiarazione che non ci fossero spese per la locazione e il lavoro dipendente, ma soltanto una spesa per i consumi, per altro contenuta.

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