Immobili ad uso promiscuo ed IRPEF

La Redazione
12 Settembre 2016

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37169/2016, ha affermato che in tema di IRPEF qualora ci sia la debenza dell'imposta sulla plusvalenza maturata da una persona fisica per la cessione di un immobile (entro il quinquennio) in parte adibito ad abitazione principale dal contribuente ed in parte concesso in locazione a terzi, il calcolo deve avvenire escludendo quanto destinato ad abitazione principale.

Il casus belli che andiamo ad osservare discendeva dalla debenza dell'IRPEF sulla plusvalenza maturata da una persona fisica per la cessione, entro il termine quinquennale, di un immobile in parte adibito ad abitazione principale dal contribuente ed in parte concesso in locazione a terzi. Il contribuente in occasione versava l'imposta solo sulla plusvalenza maturata sulla parte dell'immobile locato, riducendo proporzionalmente il valore complessivo.

Come calcolare l'imposta? I Giudici della Cassazione affermano che essa vada computata escludendo quanto destinato ad abitazione principale. Spiegano infatti che la via è quella di distinguere a fini impositivi quella parte che rientra nella previsione agevolativa da quella che ne è fuori.

Si tratta di un principio enunciato nella recente sentenza depositata il 7 settembre 2016 n. 37169. I Supremi Giudici, in questo caso, hanno affermato che il tributo deve essere determinato sulla base di un calcolo percentuale basato sul rapporto tra la parte agevolata e quella esclusa; calcolo facilmente ancorabile, spiegano i Giudici, ai dati catastali.

Secondo la Corte, l'interpretazione dei giudici di merito – che è stata rigettata – avrebbe portato a risultati definiti aberranti, “estranei alla ratio legis che è senza dubbio quella di espungere dall'area della presunzione legale l'uso familiare dell'immobile ceduto nel quinquennio, anche se non illimitatamente. Basti pensare al caso in cui di un intero condominio il proprietario cedente […] abbia occupato soltanto un appartamento, avendolo locato per il resto a terzi. È chiaro che riconoscendo in tal caso l'esclusione per intero della plusvalenza lo scopo della norma impositrice sarebbe in concreto elusa”.

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