Non si può negare il diritto al risarcimento del maggior danno da ritardo nel rimborso IRPEG
13 Febbraio 2017
«Non si può negare in astratto il diritto del contribuente al risarcimento del maggior danno da ritardo nel rimborso IRPEG, salvo adottare particolare rigore nella valutazione della prova di tale danno, proprio in ragione della specialità della fattispecie tributaria». Così la Cassazione, con la sentenza 8 febbraio 2017, n. 3331. Con tale sentenza, la Suprema Corte ha accolto il ricorso di una banca, avverso la sentenza della CTR che era stata solo parzialmente favorevole; il Fisco, in particolare, aveva opposto il silenzio-rifiuto all'istanza di rimborso IRPEG avanzata dalla parte contribuente; secondo le Entrate, l'unico motivo addotto a tale rifiuto era la tardività della richiesta di rimborso, ex art. 38 d.P.R. n. 602/1973.
Hanno asserito i Giudici: «In tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente evidenzi nella dichiarazione, secondo le modalità stabilite dalla legge, un credito d'imposta, non occorre da parte sua alcun altro adempimento ai fini di ottenere il rimborso, in quanto tale condotta costituisce già istanza di rimborso, che tiene luogo, a tutti gli effetti, di quella di cui all' art. 38, d.P.R. n. 602/1973, essendo l'amministrazione – edotta con la dichiarazione, dei conteggi effettuati dal contribuente – posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria; tanto ciò è vero che da quel momento, impedita ovviamente la decadenza, decorre, secondo i principi generali, l'ordinario termine di prescrizione decennale per l'esercizio della relativa azione dinanzi al giudice tributario».
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