Riforma interpelli: sei tipologie a disposizione del contribuente

La Redazione
13 Ottobre 2015

Sei tipologie di interpelli riformeranno completamente il modus operandi necessario per avere risposte dal Fisco. Con l'approvazione dei due Decreti sul Contenzioso e Interpelli e sull'Internazionalizzazione delle imprese il contribuente sarà obbligato a riconoscere prima di presentare la propria domanda la tipologia di interpello corretta.

Sei tipologie di interpelli riformeranno completamente il modus operandi necessario per avere risposte dal Fisco. Con l'approvazione dei due Decreti sul Contenzioso e Interpelli (D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156) e sull'Internazionalizzazione delle imprese (D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147), da poco pubblicati entrambi in Gazzetta Ufficiale, il contribuente sarà obbligato a riconoscere prima di presentare la propria domanda la tipologia di interpello corretta. Il ventaglio è ampio, ma non così esteso come potrebbe sembrare. Osserviamo i particolari casi:

Il primo “blocco” di interpelli è contenuto nel D.Lgs. n. 156/2015: si tratta di quattro tipologie, previste all'art. 1 del Decreto: essi sono l'interpello ordinario, quello probatorio, quello anti-abuso e quello disapplicativo. L'ordinario è, naturalmente, la forma più generica: avrà una doppia faccia, tanto interpretativa e tanto qualificatoria, poiché è stata esteso il suo raggio di azione anche alla “corretta qualificazione della fattispecie”; resta fermo il suo utilizzo per le “condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione” delle disposizioni. Venendo all'interpello probatorio, esso è definito per domandare circa la “sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali”. Segue l'interpello anti-abusivo, necessario per interrogare l'Agenzia circa la natura abusiva del diritto di particolari atti. Particolare è a questo punto il caso dell'interpello disapplicativo, già previsto ma rimasto l'unico con carattere obbligatorio. Il contribuente in questo caso interrogherà l'amministrazione per la “disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario”.

Venendo al secondo “blocco” di interpelli, più ridotto, si possono identificare quello per i nuovi investimenti e quello sul ruling. Nel primo caso, ci troviamo di fronte ad un interpello volto alle “imprese che intendono effettuare investimenti nel territorio dello Stato di ammontare non inferiore a trenta milioni di euro e che abbiano ricadute occupazionali significative in relazione all'attività in cui avviene l'investimento”; esse possono rivolgersi all'Agenzia “in merito al trattamento fiscale del loro piano di investimento e delle eventuali operazioni straordinarie che si ipotizzano per la sua realizzazione”. L'ultimo tipo di interpello, valido solo per le imprese con attività internazionale, definirà, tra l'altro, i criteri di calcolo del transfer pricing e del valore normale dei costi black list.

Le risposte scritte dell'Amministrazione avranno tempistiche diverse: 90 giorni per gli interpelli di tipo ordinario, 120 per gli altri. Nel caso di mancata risposta, è considerata pacifica l'approvazione da parte dell'ufficio della soluzione prospettata dal contribuente. Naturalmente, per essere accettato l'interpello deve essere compilato correttamente. Dunque, non saranno ritenuti validi i documenti privi dei dati identificativi dell'istante o della corretta definizione della fattispecie e delle disposizioni delle quali si chiede l'interpretazione. In assenza di tali materiali, verrà sollecitato il contribuente a regolarizzare le istanze entro 30 giorni; i termini per la risposta inizieranno a decorrere dalla data della regolarizzazione dell'istanza. Una ulteriore richiesta di integrazione potrà essere avanzata al contribuente qualora i documenti allegati non siano sufficienti: sarà possibile una sola integrazione.

Bisogna tener conto che il Fisco ha sempre ragione, nel senso che le risposte fornite agli interpelli non saranno impugnabili, eccetto nel caso dell'interpello disapplicativo: in questa unica situazione il contribuente potrà proporre ricorso unitamente all'atto impositivo.

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