Soglie di punibilità: rivalutazione della congruità del trattamento sanzionatorio

La Redazione
14 Marzo 2016

La riforma introdotta dal D.Lgs. n. 158/2015 ha, come noto, rimodulato le soglie di punibilità, i Giudici della Corte di Cassazione, con sentenza n. 9936/2015, hanno affermato che se l'evasione è di molto superiore alla nuova soglia, non può riscontrarsi la non punibilità.

Le nuove soglie di punibilità introdotte dal D.Lgs. n. 158/2015 incidono sulla rilevanza penale e, in caso di processo, devono condurre i giudici ad una rivalutazione della congruità del trattamento sanzionatorio. Lo afferma la sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza del 10 marzo 2016, n. 9936, con la quale i Giudici hanno valutato il ricorso di un legale rappresentante di una società che, condannato dalla Corte di Appello a 6 mesi e 20 giorni di reclusione per l'omesso versamento dell'IVA, ricorreva evidenziando come, nel mentre, il legislatore avesse innalzato la soglia di punibilità, passando dal precedente limite di 50mila all'attuale soglia di 250mila euro. Insomma, allo stato corrente delle cose, la pena era sproporzionata rispetto alla violazione.

La Cassazione ha convenuto con il contribuente, osservando come la Corte d'Appello avesse motivato la determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale “in considerazione dell'importo il cui versamento è stato omesso”. Ma, alla luce della riforma del 2015, il disvalore complessivo del fatto doveva essere rivalutato, “posto che la soglia svolge la propria funzione sul piano della selezione categoriale, incidendo quindi la sua elevazione, ai fini della rilevanza penale del fatto, sul complessivo ed oggettivo disvalore penale del fatto medesimo, donde ciò giustifica la necessità di una rivalutazione della congruità complessiva del trattamento sanzionatorio alla luce del predetto ius superveniens”.

A questo punto, i giudici hanno esaminato il secondo punto posto dal ricorrente, ossia la causa di non punibilità in virtù della particolare tenuità del fatto. Gli stessi hanno osservato che ciò non poteva sussistere, proprio in virtù della somma non versata; infatti, come hanno illustrato chiaramente, “quando si intende procedere per il reato di omesso versamento dell'IVA, la non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile solo se l'ammontare dell'imposta non corrisposta è di pochissimo superiore a quello fissato dalla soglia di punibilità”. Ma, nel caso in esame, l'imposta evasa (559mila euro) era oltre il doppio della nuova soglia (250mila euro), per cui non poteva certamente riscontrarsi nella definizione di “pochissimo superiore” alla soglia di punibilità.

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