Le scritture extra-contabili rappresentano dei validi elementi indiziari
14 Giugno 2016
Il Fisco può emettere un accertamento basandosi sulle scritture extra-contabili che la Guardia di Finanza ha rinvenuto durante un'ispezione, se tale documento dimostra che tra la data di emissione degli assegni e quella di scadenza c'è un tale lasso di tempo che può far pensare che l'assegno abbia la funzione di “pagherò” cambiario. È la tesi della Cassazione, espressa nella sentenza del 10 giugno 2016, n. 11957.
La CTR aveva dato ragione al contribuente, sostenendo che tale documento non aveva efficacia probatoria né indiziaria. Accogliendo il ricorso del Fisco, invece, la Corte di Cassazione ha affermato che il termine di tempo intercorso tra la data di emissione e quella di scadenza è rilevante, tanto da far assumere la funzione del “pagherò”. “In tema di accertamento delle imposte sui redditi – scrivono i Supremi Giudici – la contabilità in nero costituita da appunti personali ed informazioni dell'imprenditore rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza […]. Nella presente fattispecie, il documento extracontabile, sulla cui base l'ufficio si è determinato ad emettere l'avviso di accertamento per violazione dell'imposta di bollo, è stato allegato agli atti di causa dal controricorrente e dallo stesso può desumersi […] la data di emissione, la data d'incasso e il numero dei diversi assegni”.
L'onere di fornire la prova contraria spetta a questo punto al contribuente, ma non è sufficiente mostrare le fotocopie degli assegni incassati, poiché la banca permette di negoziare il titolo solo a partire dal giorno della sua formale emissione da parte dell'emittente. |